Il primo novembre 2019 nasce il gruppo marchigiano del movimento femminista Non Una di Meno: Non Una di Meno Transterritoriale Marche (NUDM). Si chiama “transterritoriale” per sottolineare il suo sostegno ai diritti LGBTQI+. È composta da attivist* delle varie province e città delle Marche che si riuniscono periodicamente per discutere temi come l’intersezionalità, l’equità salariale, la violenza di genere e l’aborto, che ultimamente è stato messo in discussione dalla nuova giunta regionale di destra.
NUDM fa campagna di sensibilizzazione per la violenza strutturale in tutte le sue declinazioni, presidi, manifestazioni per l’8 marzo e il 25 novembre (rispettivamente Sciopero Internazionale delle Donne per la Giornata Internazionale delle Donne e Giornata contro la Violenza di Genere). Con l’avvento della pandemia, gli eventi si sono spostati online e si è discusso di disservizi sul lavoro, revenge porn, aborto. In collaborazione con la rete S.O.S. Aborto di Obiezione Respinta, l’organizzazione femminista effettua l’accompagnamento per l’aborto. A fine novembre ha mappato tutti i presidi e i servizi sanitari che applicano l’interruzione di gravidanza (IVG) nelle strutture pubbliche convenzionate con il privato. Recentemente NUDM ha manifestato online contro le affermazioni dell’assessore regionale Giorgia Latini che vorrebbe diminuire il numero degli aborti, già ridotto nel 2019, e avviare un percorso pro vita. Date le grandi proteste di associazioni e PD, l’assessore ha specificato che le sue erano affermazioni personali ma il dubbio rimane visto che il nuovo governo marchigiano è di destra.
Come sono andati gli eventi del 25 novembre?
Abbiamo lanciato una campagna contro la violenza di genere con selfie personali e preparato un’iniziativa online con blogger, giornaliste e due testimonianze di violenza domestica.

Chiara Ferragni che spiega termini come victim blaming e slut shaming ai suoi followers è una rivoluzione?
Chiara Ferragni può piacere al femminismo pop, più commerciale, ma la risposta è no, non è una rivoluzione femminista dal punto di vista politico. Ben venga però che abbia spiegato ai suoi followers cosa sia il revenge porn e il victim blaming.
Fatto di cronaca recente. Il vicario del vescovo di Macerata afferma durante la messa che “l’aborto è più grave della pedofilia”. Secondo te cosa dovrebbe fare la Chiesa in questi casi e la libertà d’espressione è legittima quando istiga all’odio?
Abbiamo risposto come NUDM con due gruppi, Macerata e il nostro Transterritoriale, con una manifestazione in piazza a cui hanno partecipato complessivamente cinquecento persone. Siamo rimasti basit* dalla reazione popolare su quello che ha detto la Chiesa. Quest’ultima da millenni cerca di discettare sul corpo delle donne, non è una novità. La nostra risposta ha ignorato completamente quello che diceva l’istituzione religiosa ed è stata incentrata sulla lotta delle donne per ottenere un aborto decente. Non è possibile, ad esempio, che durante il lockdown le persone della provincia di Pesaro-Urbino abbiano dovuto recarsi al nosocomio di Urbino perché quello di Pesaro effettuava IGV solo ai positivi in quanto ospedale Covid. Non dovrebbe importarci nulla delle parole del vicario. La nostra costituzione parla chiaro sulla libertà di espressione, istigare all’odio di qualsiasi tipo è un reato (Legge Mancino, n. 205, ndr) e deve essere riconosciuto come tale.

Rivoluzione femminista e rivoluzione sessuale vanno a braccetto?
La rivoluzione femminista è la rivoluzione sessuale. Vanno di pari passo. È sempre stato così.
Quali sono le realtà LGBTQI+ delle Marche meno conosciute il cui lavoro dovrebbe essere portato alla luce?
Tranne Arci e Arci Gay, esistono poche altre realtà, e questo ci deve far riflettere. L’Arci fornisce servizi per discriminazione e c’è lo sportello Nuovi Diritti della CGIL (Pesaro) che accompagna anche alla transizione. Da Ancona in giù non c’è nulla a supporto dei diritti LGBTQI+. La situazione delle Marche è tragica, nonostante ci siano stati trent’anni di sinistra. Da noi c’è una transumanza verso Roma e Bologna, gli unici posti vicini dove puoi effettuare una transizione e avere un minimo di socialità. È assente nelle associazioni marchigiane una parte politica che effettui delle riflessioni su tutte le soggettività e le minoranze nell’intero territorio.
Cosa bisognerebbe fare per migliorare le condizioni di donne e persone LGBTQI+?
Bisogna fornire dei servizi specifici e adeguati. Ci sono stati dei progetti avviati solo per le donne ma molto a macchia di leopardo, non esiste una rete che le colleghi. I Centri Anti Violenza fanno assistenza però poi non si occupano dell’autonomia economica delle vittime che serve per affrancarsi dalla dipendenza da qualcuno. Le persone transgender sono costrette ad andare fuori dalle Marche per lavoro perché qui siamo ancorati a stereotipi cis eteronormati.
Quali iniziative state preparando in quest’epoca di pandemia?
Il 2020 è stato un anno davvero difficile per le manifestazioni sulle piazze. La nuova sfida è disegnare nuove modalità e strategie per manifestare dal vivo. Continueremo a fare campagna pro aborto e a sensibilizzare a riguardo, dato che abbiamo un grosso problema per l’accesso all’effettuazione dell’IGV. A Fermo un’obiezione di struttura impedisce di praticarlo da sempre. Ci sono problemi sistematici che riguardano donne, soggettività LGBTQI+ e minoranze, totalmente espuls* dal dibattito pubblico.
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