Attenzione: Non preparate o ingerite le erbe se non siete esperti certificati. Consultare sempre un erborista.
La festa di San Giovanni è comune a molte parti d’Italia. Diventata popolare nel Medioevo, è molto importante perché coincide con i giorni solstiziali che mettono in contatto il visibile con l’invisibile. È consuetudine fare la “guazza” o l’acqua di San Giovanni, elemento caro al Battista per il fatto che con questa ha battezzato Gesù Cristo e i suoi fedeli. Quest’acqua su cui si fanno galleggiare erbe e fiori ha proprietà curative. Si raccoglie l’acqua il 23, la si espone alla luna e prima dell’alba ci si bagna con essa in un gesto purificante. Si può fare con le erbe spontanee del posto ma quelle che non dovrebbero mai mancare sono le erbe sacre al santo: iperico, aglio, artemisia, ruta, rosmarino, la spighetta di San Giovanni (Lavandula angustifolia, che ben conosciamo). Secondo gli erbari antichi, l’iperico dai fiori gialli è un “cacciadiavoli”. Se strofinati, i petali si tingono di rosso per il succo detto “sangue di San Giovanni”. L’aglio, sacro anche a Ecate, la dea greca della magia, dei crocicchi e dell’oltretomba, protegge da ogni maleficio e può provocare gravi malesseri nelle streghe che si aggirano la notte del 23. Piuttosto ironico che una pianta sacra alla dea delle streghe, le scacci! Ma forse nel Medioevo si erano già dimenticati questi particolari fondamentali. Il basilico ha le stesse proprietà. L’artemisia è anche chiamata la “madre di tutte le erbe” e “erba di San Giovanni” in Francia: impedisce le false gravidanze, accelera le mestruazioni quando sono in ritardo, caccia i demoni e annulla il malocchio. Si raccoglieva al solstizio d’estate per farne ghirlande o cinture. Gli erboristi la usano contro i reumatismi e come tonico stimolante e nervino per febbre e malaria. La ruta cura l’epilessia, le vertigini e l’ipocondria. È anche un talismano contro le streghe. Sia in Abruzzo che nelle Marche le foglie di queste erbe si cucivano in borsette nascoste nel petto che si portavano sempre con sé. Le tradizioni legate allo scacciare il male e le streghe provengono dai riti delle Kalendae Fabariae che cadevano i primi giorni di giugno. Altre erbe importanti sono quelle della buona salute: salvia, mente, alloro giovanneo, prezzemolo. Si buttavano dentro ai falò di questa notte per l’aroma che sprigionavano camomilla, geranio, timo, cerfoglio e ferola. Si credeva anche che a mezzanotte fiorissero le felci, che in realtà non fioriscono, per questo al suo fiore venivano attribuite le proprietà di potere e conoscenza.
Nella notte di San Giovanni si raccolgono anche erbe d’amore. Per vincere la resistenza di una persona ritrosa, le si lancia una polvere di foglie secche, maggiorana, valeriana, salvia e verbena, rigorosamente raccolte prima dell’alba del 24 grondanti rugiada. Se si vuole sapere se un amore è corrisposto, si bruciacchia un cardo in piena fioritura raccolto alla vigilia e lo si espone in un bicchiere d’acqua sul davanzale della finestra durante la notte: se il fiore si ravviva, l’amore è corrisposto. Volete conoscere l’iniziale del vostro futuro partner da sposare? Potete mettere fiori d’ulivo a galleggiare in una bacinella d’acqua. Altro metodo poco ortodosso è lanciare un garofano per la via per sapere chi sarà il proprio futuro compagno: la prima persona che lo calpesta prima dell’alba, svela la famiglia dello sposo. Se si esita tra più amanti, in una bacinella d’acqua si mischiano sandalo, rosmarino e malvarosa assieme a dei bigliettini con i loro nomi e si osserva quale si apre. Ultima ma non ultima, è la divinazione con la chiara dell’uovo la sera del 23 giugno che era usata pure dalle spose per predire l’imminenza e la felicità del loro matrimonio. Si versa in una caraffa l’acqua e la chiara, al mattino si osserva la forma delle vele: se sono lunghe e dritte, l’anno è prosperoso.
La verbena, un termine latino usato per tutte le piante d’altare in generale, si raccoglieva dopo il tramonto della Vigilia di Mezza Estate, si metteva a bagno nell’acqua per tutta la notte oppure si lasciava essiccare o si pestava per strofinarla attorno al collo. Gli antichi pensavano fosse un afrodisiaco e la usavano nei sacrifici. Ha proprietà astringenti, diaforetiche e antispasmodiche.
La notte del 24 giugno è pure quella delle streghe. Un tempo si diceva si riunissero attorno al Gran Noce di Benevento, che scomparve per sempre dopo il XVII secolo. Per evitare che le streghe si introducessero in casa si prendevano delle accortezze. Si ponevano davanti all’uscio rosmarino, ginepro, olivo benedetto, alloro, fico e noce oppure un barattolo di sale e una scopa. Si pensava che le streghe prima di entrare fossero costrette a contare uno per uno i granelli di sale fino alla mezzanotte quando dovevano sparire perché cominciava il giorno sotto la tutela di San Giovanni. Per strada le persone si proteggevano con le erbe care al santo prima elencate. In tutta Europa esisteva la tradizione di tagliare un ramo di nocciolo alla vigilia del Solstizio d’Estate e usarlo come bacchetta da rabdomante per trovare acqua e tesori.