Lamù, una delle prime eroine indipendenti di anime e manga giapponesi

Grafica foto: @fabitattoer

Quando ero piccola non ho visto Lamù perché non l’ho mai beccata in televisione. Poi quando ero già adolescente ho letto il suo manga prestato da un’amica, dato che avevo scoperto che chi l’aveva disegnato era la stessa autrice di Ranma 1/2, Rumiko Takahashi, che mi piaceva tanto all’epoca e da quel momento ho letto tutti i suoi fumetti fino ad Inuyasha (Maison Ikkoku, One Pound Gospel, Mermaid Saga, per nominarne alcuni). L’affetto per questo shonen (fumetto per ragazzi) non è stato immediato, considerato il fatto che è nato nel 1978 in Giappone ed è intriso di molti giochi di parole e particolari della tradizione giapponese che non sono famigliari e per fortuna spesso sono stati spiegati con note dalla Star Comics, una casa editrice storica nella pubblicazione dei manga in Italia. All’inizio la simpatia per i personaggi è faticosa perché il vero protagonista, Ataru Moroboshi (e non Lamù come molti pensano), è uno studente sfigato e donnaiolo di diciassette anni nato nel giorno più infausto del calendario buddhista, Butsumestu (“giorno sfortunato”), il giorno in cui Buddha è morto. Per questo motivo è protagonista di una serie di sfortunati eventi aggravati dalla presenza di Lamù, un’extraterrestre che da quando si trova sulla Terra, si è -quasi- autodichiarata moglie di Ataru.

Urusei Yatsura, anime

Storia. Rumiko Takahashi deve la sua fama a Lamù, in originale col titolo Urusei Yatsura (La gentaglia del pianeta Uru), che da serie di soli cinque episodi uscita nel 1978 si è trasformata in una saga. Addirittura il personaggio dell’aliena doveva apparire solo nella prima storia ma la mangaka si è fidata del suo istinto e dell’interesse dei lettori nell’aliena, e ha deciso di inserirla come protagonista accanto ad Ataru. Il genere è quello della commedia farsesca romantica che non era molto visto all’epoca della Takahashi: perciò lei ha dato origine ad un nuovo filone, al quale si sono ispirati schiere di fumettisti. La serie è composta da storie autoconclusive corte o lunghe da 374 capitoli raccolti in trentaquattro volumetti (tankobon). L’anime ha 195 episodi. Già agli esordi il fumetto vince nel 1980 il premio Shogakukan nella categoria shojo (manga per ragazze) e shonen, a dimostrare l’impresa in cui è riuscita Rumiko: unire i due generi in una sola opera comprendendo una fetta più vasta di pubblico. Il plot inizia con l’invasione della Terra da parte degli Oni, una finta razza aliena che in realtà affonda le sue radici nel folklore giapponese, si tratta infatti di demoni tradizionali con corna e lunghi canini del Sol Levante. Gli alieni danno un ultimatum ai terrestri: rinunceranno all’invasione solo se uno di loro parteciperà ad una maratona-acchiapparella con lo scopo di afferrare le corna della figlia del capo degli Oni, Lamù. Il computer extraterrestre sceglie a caso Ataru, l’adolescente più sfigato del mondo, per rincorrere la ragazza volante difficile da raggiungere per un comune mortale. Stremato dai tentativi falliti, è rincuorato dalla sua fidanzata Shinobu che gli promette di sposarlo se vincerà la sfida. L’ultimo giorno di tempo Ataru, che aveva sfilato in precedenza il reggiseno a Lamù, glielo sventola davanti, lei lo afferra e lui la sbatte per terra toccandole le corna (nell’anime Ataru le toglie il reggiseno minacciandola con una pistola giocattolo). Il ragazzo esclama senza mettere il soggetto: “Finalmente posso sposarla!” Lamù pensa si riferisca a lei e acconsente alla proposta andando a vivere da lui nella sua cameretta. Ataru non riuscirà più a liberarsi di lei, pena una sequela di scariche elettriche, potere simbolo di Lamù, simile a Raijin, il dio del tuono giapponese. Da qui inizieranno una serie di avventure soprannaturali e paranormali con gli alunni del liceo Tomobiki in cui Ataru va a scuola. Il manga si conclude con una sorta di ring composition, una conclusione circolare che ricalca la situazione iniziale della storia. Il nonno di Lamù viene scongelato e si ricorda di aver promesso la nipote ad un finto mercante del regno dell’Oscurità. Per questo ha una lite furibonda con Ataru e il suo futuro sposo Rupa la rapisce. Lamù quasi si sposa con lui ma la cerimonia viene interrotta da Lady Carla, innamorata di Rupa, e da Ataru, preoccupato per Lamù. Dopo vari litigi, Rupa e Lady Carla si mettono insieme e Ataru e Lamù si sfidano di nuovo ad acchiapparella perché l’aliena vuole una dichiarazione aperta d’amore dal terrestre, altrimenti cancellerà i ricordi di tutti riguardo alla sua presenza sulla Terra. Alla fine i due si riconciliano ma Ataru non dice di essere innamorato di lei e afferma ostinato che lo dirà solo in punto di morte.

La scena in cui Ataru sfila a Lamù il reggiseno tigrato

Lamù. Lamù non è un’eroina convenzionale per il fumetto giapponese. I manga avevano già prodotto personaggi femminili romantici in panni maschili come La Principessa Zaffiro o Lady Oscar ma non una come Lamù in bikini tigrato e stivali stile Go-Go girl. Rumiko è stata molto influenzata dalle opere di Go Nagai, con La scuola senza pudore (Harenchi Gakuen), ed è sempre lui che aveva già fatto la rivoluzione in termini di nudità creando Kekko Kamen, un’eroina completamente nuda vestita solo di passamontagna-maschera, mantello e stivali. Lamù si ispira e prende il nome da Agnes Lum, modella cino-hawaiana famosa tra anni Settanta e Ottanta, infatti il nome originale giapponese dell’aliena è Lum. I capelli dell’Oni erano di colori cangianti ma sono stati trasformati in verdi dall’animazione per comodità dei coloristi. Dati gli standard della censura italiana, mi è sempre sembrato strano che nel cartone non abbiano mai censurato la scena in cui Ataru toglie il reggiseno a Lamù e si vede benissimo il suo seno con tanto di capezzoli (negli shojo il seno è meno caratterizzato che negli shonen). Probabilmente il fenomeno è stato dovuto al suo andare in onda su reti secondarie. Nonostante Lamù sembri molto trasgressiva, è una ragazza sì sveglia, a volte ingenua su certi costumi o modi di fare terrestri, ma con desideri molto conservatori. È convinta che la felicità sia stare con il suo Tesoruccio (chiamato “darling” in inglese), Ataru, per tutta la vita. È morbosa perché segue Ataru ovunque e dappertutto, ed estremamente gelosa anche se alla fine è molto “tollerante”, dato che rimane sempre al fianco del suo amato. Si impone con prepotenza nella sua vita senza chiedere il permesso e lui se la prende costantemente con lei perché la sua presenza è un deterrente nel conoscere nuove ragazze. L’aliena è però anche affettuosa, buona, prova dolore e sentimenti come tutti, e spesso è molto più umana del suo presunto fidanzato. È diventata l’eroina della narrazione di Urusei Yatsura perché è spesso lei che risolve i guai in cui si caccia Ataru con mezzi magico-tecnologici. Anche se Lamù abbia deciso di legarsi al ragazzo, è una donna indipendente e libera. Forse anche per il fatto che Ataru è volubile e dà l’impressione di non essere assolutamente interessato a lei quindi è contento quando non c’è e gli lascia spazio per esprimersi. I due insieme appaiono come la classica coppia che sembra non si possa vedere mai, però appena succede una crisi rivela il suo vero rapporto di amore e di affetto. Nella vita reale alla lunga sappiamo che funziona male un assortimento del genere, ma nelle convenzioni della commedia comica è una specie di topos ben collaudato. Nonostante Lamù sia stata definita in modo oggettificante “first otaku girl” per le sue caratteristiche da ragazza ideale per otaku (maniaci di manga, anime, videogiochi, ecc.), l’aliena ha fatto furore proprio perché scardina i classici canoni della perfetta donna giapponese.

Ataru Moroboshi ha appena visto due tette

Ataru Moroboshi. Ho sempre avuto dei problemi con Ataru perché non mi piacciono i personaggi dichiaratamente stupidi fino al midollo e non vado d’accordo con la comicità demenziale. Il particolare però che mi irritava di più è questo suo letterale fiondarsi verso la bella ragazza di turno afferrandola senza il suo consenso. Gli shonen giapponesi contengono spesso personalità di questo tipo, sia nei protagonisti che in quelli collaterali, basti pensare a City Hunter, Lupin III, Dragon Ball, Naruto . La maggior parte delle volte non sono mai visti in modo favorevole nelle narrazioni dei fumetti. Ataru non riesce mai a completare le sue conquiste proprio per il fatto che le donne sue prede reagiscono. Questa è una caratteristica propria di Rumiko Takahashi in tutti i suoi manga: le ragazze e le donne adulte combattono contro l’uomo molesto. La loro reazione non è ortodossa ma da manga “violento”: si va dal semplice schiaffo con stampo sulla guancia alle scariche elettriche di Lamù ai famosi martelli di legno giganti (più presenti in Ranma e che troviamo anche in City Hunter). Le donne si difendono, gridano, insultano, menano. Questo spesso non succede nella realtà. Ataru nel fumetto è “giustificato” dal fatto di essere un diciassettenne in piena crisi ormonale e alla fine, pur vivendo con Lamù, non la tocca nemmeno con un dito, molto probabilmente perché non sa da dove incominciare, e soprattuto perché il fumetto non appartiene ad una categoria erotica. La massiccia presenza però di una caratteristica che qui in Occidente viene vista giustamente in modo negativo e che ci ricorda un po’ la discutibile commedia sexy anni Ottanta, ci porta a pensare che anche nella realtà giapponese questi personaggi vengano tollerati per la maggior parte delle volte. E, ahimè, ci sbagliamo di poco.

Badge contro molestie

Le molestie pubbliche in Giappone. Il “chikan”, il palpeggiatore/guardone/molestatore in giapponese, è purtroppo una triste realtà del Sol Levante. Il suo habitat naturale è il treno ma anche la folla gli è amica. Vieni toccata soprattutto se sei una studentessa delle superiori con la divisa alla marinara: agli occhi del molestatore sembri innocente e pura. Ti può succedere di tutto: flash di pene, tizio che ti tocca le dita casualmente e nel frattempo si eccita da solo, palpeggio fugace o meno di seno o sedere. Per questo motivo in Giappone alcuni treni hanno dei vagoni solo per donne e ci sono molti cartelli in giro che invitano a non toccare il sesso femminile. Ma tamponare non è la soluzione, come ben sappiamo. I chikan non sono soltanto uomini maturi o anziani ma anche studenti, uomini giovani. Questo accade perché purtroppo il Giappone nei secoli è diventato un paese patriarcale che per cercare di aderire al modo di pensare occidentale, ha sacrificato le parti più libere del suo vivere la sessualità e il rispetto per il diverso, compreso quello di donne e altri generi. Per fortuna nell’ultimo periodo degli anni Duemila sono partite proprio da donne diverse iniziative per combattere questo tipo di molestie. Yaoyi Matsunaga si è inventata dei badge (adesivi o tesserini) da attaccare sull’esterno di borse e zaini con disegni e scritte cubitali “Palpeggiare è un crimine”, “Non farlo”, per scoraggiare l’azione di malintenzionati. Ha fondato il suo Centro per la Prevenzione della Molestia nel 2015 ad Osaka perché la figlia di una sua amica veniva regolarmente molestata su un treno. Aiko Tabusa ha tentato di pubblicare un manga che parlasse di questo problema ma gli editori non le hanno dato retta. Nel 2019 è andato sold-out uno stampino ai raggi UV per marcare i molestatori della metropolitana. Ci sono anche poster nelle stazioni che incoraggiano le vittime a parlare della loro esperienza, dato che il grande problema della cultura giapponese è tenersi le emozioni dentro, non reagire alle provocazioni, soprattutto nel caso delle donne. Inoltre per molti le molestie sui mezzi pubblici non sono considerate un crimine. Non viene detto agli uomini di rispettare gli altri diversi da loro e che molestare è grave. Questo specifico atteggiamento continua a non risolvere il problema.

Ryunosuke Fujinami

Ryunosuke Fujinami. Ryunosuke è una donna cresciuta come un uomo dal padre, Mister Fujinami, per rispettare la discendenza del loro negozio di tè. La ragazza ce l’ha a morte col papà perché l’ha cresciuta così, si intromette nei suoi affari ed è costretta a stare sotto la sua tutela in quanto ancora adolescente. Odia gli uomini, è disgustata da loro e ama le donne nel loro modo di fare che le interessa per riacquisire la sua femminilità. Salva del denaro per comprarsi il suo primo reggiseno, nella falsa credenza inculcatale dal padre che costi tantissimi yen. Ryunosuke si innamora di un uomo vestito da donna (crossdresser) e tirato su come tale, che è figlio di un amico del padre, Nagisa Shiowatari. La ragazza si infatua di lui perché è molto più forte di lei. Ispirata pure da questo personaggio, Takahashi poi creerà Ranma Saotome di Ranma 1/2, metà uomo e metà donna. Come ho già detto in precedenza nel post di Sailor Moon, non bisogna scambiare la libertà della finzione con un “aperturismo” verso i temi LGBTQI+ che attualmente c’è ancora poco in Giappone. Il crossdressing in questo Paese non è ufficialmente riconosciuto come un qualcosa di disdicevole o legato ad orientamenti sessuali o di genere perché la divisione tra abiti femminili e maschili è recentissima rispetto alla storia occidentale e quindi uomini e donne, soprattutto in età scolare, possono divertirsi ad essere chi vogliono, a patto che però “mettano la testa apposto” quando iniziano a lavorare, molto prima di noi, se non consideriamo i lavoretti part-time che gli studenti delle superiori giapponesi possono intraprendere.

Grafica foto: @fabitattoer

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