GAP Urbino, un’associazione LGBTQI+ accogliente dove crescere insieme

GAP Urbino è nata come associazione circa due anni fa ma esisteva già da otto come una sorta di unione studentesca dell’università di Urbino. L’obiettivo è creare una comunità LGTQI+ all’interno della città, una rete di persone che funzioni come famiglia. È un punto d’appoggio e di riferimento per gli studenti dei primi anni universitari che sono soli senza conoscere nessuno. Gli scopi a lungo termine sono la promozione della cultura LGBTQI+ attraverso tantissimi eventi programmati annualmente. Ogni settembre viene emesso un bando e con i soldi raccolti si effettuano interviste ed iniziative. Ci sono anche molte persone eterosessuali che aiutano e supportano l’associazione. GAP festeggia date nazionali, come la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili e il Pride, e organizza eventi culturali come un ciclo di graphic novel a scadenza mensile, un cineforum con dei dibattiti e convegni (tenuti online durante la quarantena) su diritti sociali, discriminazioni, persone richiedenti asilo e l’assistenza sessuale ai disabili tutto a tema LGBTQI+. Il presidente dell’associazione è Simone D’Angelis, originario di Benevento, al quale ho posto alcune domande.

Gli studenti si rivolgono a voi per discriminazioni o problemi personali?

Direttamente no. Si creano legami d’amicizia connessi alla partecipazione agli eventi che prepariamo. Gli associati interni ci riferiscono di episodi omofobi o di discriminazione accaduti nel circondario ma non le persone coinvolte in prima persona.

Quali sono le problematiche che riscontrate più spesso?

Dato che la maggior parte degli studenti è fuori sede sperimenta una libertà diversa da quella di casa. Ciò non significa che Urbino sia una città mentalmente aperta. Ci sono molte discriminazioni indirette, che si esprimono anche nella poca collaborazione delle altre associazioni con la nostra. Non vediamo un vero e proprio supporto. A livello regionale si contano sulle dita le associazioni di sostegno e di rete LGBTQI+. Fare attivismo significa fare coming out tutti i giorni, il semplice fatto di distribuire una locandina per un evento ti fa identificare automaticamente come gay, non importa quale sia il tuo specifico orientamento sessuale.

GAP al Marche Pride 2019

Le situazioni della Campania e delle Marche si equivalgono?

Avendo fatto attivismo in entrambe le regioni, ho notato che le difficoltà e gli episodi di violenza sono simili. In generale, c’è poca disponibilità da parte delle persone ad impegnarsi in queste tematiche. Nelle Marche ho riscontrato che la fascia dai trenta ai quarant’anni è più curiosa a conoscerle e ad informarsi. Però si tratta di una mia percezione personale raccolta in due anni di università ad Urbino. Anche i ragazzi più giovani sembrano ben predisposti e consapevoli verso il nostro mondo.

Secondo te in Italia quali sono i bavagli maggiori che pilotano questa diffidenza verso il mondo LGBTQI+?

La diffidenza nasce dalla paura del diverso perché non si conosce. L’uomo per natura distrugge ciò che ignora. Per me la diffidenza è originata dalla rabbia dell’ignoranza. Non si sostiene questo mondo, soprattutto tra gli eterosessuali, per timore di essere considerati uomini o donne mancate, scivolando in stereotipi sbagliati e pregiudizi. Ciò deriva da una formazione alla sessualità completamente assente o non corretta. Pure un’interpretazione alla lettera della religione cattolica e della Bibbia, limita i cambiamenti della cultura, assieme all’esistenza di una società patriarcale in cui viviamo che predilige il maschio solo con caratteristiche virili.

Che tipo di attività avete condotto durante il lockdown?

Ci siamo dovuti reinventare. Alcuni eventi sono stati annullati ed altri sono stati trasferiti online. Le persone guardavano il film da soli e poi prendevano parte al dibattito online del cineforum in una stanza virtuale. Le interviste agli autori si sono tenute via web su Instagram. Anche il convegno finale è stato su internet. Siamo rimasti sorpresi dalla buona partecipazione della gente, soprattutto nei seminari della durata di due ore.

Iniziativa sulla prevenzione sessuale con la Croce Rossa

L’emergenza coronavirus ha messo a rischio il futuro della vostra associazione?

No, non proprio anche se è stato molto difficile riorganizzarsi. Per fortuna, siamo una bella squadra nonostante la distanza.

Cosa consigliate ai ragazzi che vogliono fare coming out?

Prendersi il tempo necessario perché il coming out è un’operazione complessa che richiede crescita e consapevolezza della persona. Significa far uscire fuori qualcosa di intimo ed è un passo fondamentale che deve essere fatto. Spesso ciò che si teme è la reazione sproporzionata dei genitori, paura legittima, ma a volte troppo ingigantita. Questa poi sparisce quando ci si libera dal fardello.

Si sono fatti passi avanti nella percezione della diversità in Italia e quanto ancora c’è da fare?

Volendo essere ottimista, la situazione è migliorata poco per volta. La discriminazione è ancora presente e non abbiamo tutti i diritti che vorremmo.

Cineforum

Qual è il tuo pensiero riguardo il proliferare di personaggi LGBTQI+ nelle serie tv?

Da una parte è un aspetto positivo perché vuol dire che c’è richiesta, dall’altra alcuni messaggi potrebbero passare in maniera non corretta a spettatori che non hanno un buon senso critico o non conoscono bene certe problematiche. Sono contento che la società si muova verso queste tematiche perché significa che le sta tollerando.

Prossime iniziative?

Per giugno continueremo a lavorare con Marche Pride per la creazione dei contenuti. Speriamo di poter iniziare con il recruiting di nuovi associati a settembre, coronavirus permettendo.

Carnevale 2020

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