L’Ooku era l’harem dello shogun in Giappone. Creato nel 1607 dallo shogun Togukawa Hidetada nel castello di Edo, rimase in attività per due secoli. Nell’harem erano presenti la moglie, le concubine e le parenti femmine. Solo un lungo corridoio collegava l’ooku (“grandi interni”) al resto del castello e altri maschi potevano entrare solo con lo shogun, il cui ingresso veniva annunciato suonando delle campane. Questo pezzo di storia è completamente rovesciato dal manga e anime Ooku – Le Stanze Proibite di Fumi Yoshinaga, disponibile su Netflix. Come nelle Donne al parlamento di Aristofane, le donne si ritrovano al potere perché un morbo misterioso chiamato “il vaiolo dalla faccia rossa” colpisce soprattutto gli uomini giovani e li decima fino a che i maschi non diventano solo un quarto della popolazione. Uno shogun donna regge le sorti del Paese e ha un ooku composto da meno di 800 uomini, per la maggioranza di bell’aspetto.
La storia racconta come un sistema patriarcale come quello giapponese si sia forzatamente adattato allo stato delle cose. Il nuovo shogun donna al comando, Yoshimune, ricostruisce l’ascesa del potere femminile grazie alle Registrazioni dei Giorni della Morte. Tra delitti politici efferati, epidemie che vanno e vengono, uomini che si prostituiscono per far figliare le donne, e sentimenti calpestati in modo violento, si capisce che una società completamente femminile influenzata da modelli maschilisti sarà sempre e solo la brutta copia del patriarcato. Per quanto sia la prima shogun femmina Iemitsu che quella attuale Yoshimune siano abbastanza clementi, il loro è sempre un potere dispotico, dettato soprattutto dalle tragiche circostanze di drastico dimezzamento dei maschi. Diverse sono le scene di sesso tra uomini ma nessuna tra donne, a dimostrazione del fatto che nel passato l’omosessualità maschile, soprattutto a corte e tra samurai, era tollerata, mentre quella femminile era tabù. Nel complesso la serie scorre bene se riuscite ad oltrepassare il primo episodio introduttivo da un’ora e 19 minuti (gli altri nove durano in genere meno di una trentina di minuti).



