1. Valentino. Primo in classifica perché il brand rimane l’unico a saper coniugare ricercatezza e inclusività, e ad aver sfidato le rigide norme di questa categoria. Per questa collezione Pierpaolo Piccioli si è ispirato alla club culture: Studio 54, Blitz Club, Club for Heroes, Taboo. In questi club avveniva ciò che si chiamava gender bending, ovvero trasgredire al comportamento previsto per il proprio genere sessuale. Piccioli invita ad essere liberi di essere ciò che si vuole.
2. Ronald van der Kemp è un designer all’avanguardia che da otto anni e mezzo produce moda sostenibile di lusso. Il suo Project Trashure consiste nel riuso e riciclo di tessuti di scarto per ridargli nuova vita. I modelli scelti sono persone normali o straordinarie, non appartenenti all’industria della moda, eccezion fatta per una giornalista giapponese.
3. Alexandre Vauthier va un po’ in controtendenza perché immagina delle pellicce (finte) per l’estate. Ha constatato che moltə suə clientə preferiscono i luoghi freddi nella bella stagione, probabilmente anche per il riscaldamento climatico. Qualche outfit si ispira anche alla mitica Grace Jones.
4. Fendi. Kim Jones ha lavorato al drappeggio e a nuove tecniche per non far sembrare la pelle ciò che è. È riuscito a creare degli slip dress da sera eleganti e ricercati con una sensualità delicata.
5. Schiaparelli. La scelta di rappresentare la testa di animali morti come trofei di caccia sugli abiti la trovo di cattivo gusto e non creativa. Tuttavia, il riferimento di Daniel Roseberry era intellettuale: si è ispirato alle fiere che Dante Alighieri incontra nel suo Inferno.
6. Dior. Omaggio raffinato ed elegante a Josephine Baker senza scadere nella pura caricatura ma rielaborando gli anni Venti e il loro allure in chiave moderna.
7. Viktor&Rolf hanno voluto stupire facendo credere al pubblico nei primi tre vestiti della sfilata che il tema fosse quello della classica Cenerentola ma non è stato così. Piano piano è venuta fuori un’Alice nel Paese delle Meraviglie che si trova sottosopra in vestiti confezionati 3D. Dietro l’abito quasi finto si vede una guêpière anni Quaranta.
8. Armani Privé ha preso spunto da Arlecchino con un’atmosfera tra età del Jazz (1918-28) e anni Ottanta.
9. Chanel ha portato sulla passerella un look da majorette che pare più prêt-à-porter che haute couture. L’idea è venuta a Virginia Viard decidendo il set della sfilata con l’artista Xavier Veilhan che ha ricreato diversi animali come scenografia. Nel complesso è una collezione insolitamente vicina ai giovani, anche se l’haute couture è economicamente inaccessibile alla maggior parte di loro.
10. Elie Saab, stilista libanese, si è concentrato sul concetto di opulenza realizzando abiti magnifici.