Allerta: presenza spoiler
Qualche giorno fa ho completato la visione di The Love Witch che avevo iniziato tempo prima ma mi addormentavo sempre la sera e ho finito per rimandare. Il ritmo del film non aiuta a stare svegli perché nonostante sia del 2016, lo stile è completamente anni Sessanta- Settanta. Ci sono pause, primi piani troppo lunghi, attori dalla recitazione volutamente artefatta, assenza di musica in sottofondo che non rendono piacevole la visione. Appaiono elementi moderni tipo il cellulare che sbuca a caso verso la fine, impensabile in quella forma ridotta nell’epoca di ambientazione. L’intento femminista è buono ma lo svolgimento mi lascia perplessa. Forse la regista, Anna Biller, voleva sottolineare il fatto che da oggi al passato libero e permissivo dei figli dei fiori l’apertura mentale è solo di facciata. La protagonista Elaine (Samantha Robinson) assomiglia molto a Ellen Berent (Gene Tierney) in Leave Her to Heaven (Femmina Folle, 1945), Leonora (Elizabeth Taylor) e Cenci (Mia Farrow) in Secret Ceremony (1968), le atmosfere e il make-up sono da Season of the Witch (1972), solo molto più colorato e scintillante. Dal punto di vista tecnico e stilistico è impeccabile, pellicola da 35 mm, ricerca di arredamento d’interni vintage e vestiti d’epoca, ma sui contenuti non ci siamo.
Il femminismo nel film
Elaine Parks, ex ballerina di burlesque, si trasferisce in una cittadina del nord della California, Arcata, dopo che suo marito Jerry l’ha lasciata ed è morto in circostanze misteriose. È in affitto da una sua passata collega Barbara, di cui fa le veci Trish Manning (Laura Waddell), decoratrice d’interni e suo opposto nella fittizia scala valoriale femminile: femminista e non desiderosa di scendere a patti con gli uomini quanto la strega dell’amore è sicura e provocante. Elaine ha un vestito rosso fuoco con auto e valigie tono su tono, Trish veste di rosa, bianco e colori pastello delicati. Appena sa che la protagonista è una burlesquer la guarda dall’alto in basso, figurarsi quando scopre che è una strega wiccan come Barbara che l’ha iniziata. Elaine ha studiato parapsicologia e ora sa tutto sugli uomini: “Sono come bambini, veramente facili da appagare finché gli diamo quello che vogliono”. La ragazza si mostra amorevole con le sue conquiste, gli fa bere una pozione grazie alla quale la amano ossessivamente fino a consumarsi e morire.
“Secondo gli esperti, gli uomini sono veramente fragili. Possono crollare se ti affermi in qualsiasi modo. Devi essere veramente furba”. Appena Elaine mostra volontà personale e abbandona le sue spoglie da gattina che fa le fusa, gli uomini impazziscono. Chi sente la sua mancanza da una stanza all’altra fino all’esasperazione, chi si taglia le vene perché non la può vedere. Infine quando il suo fidanzato poliziotto Griff (Gian Keys) scopre che è la responsabile della scia di cadaveri di uomini in città, la punisce col silenzio. Una scena molto simile a quella di Femmina Folle in cui lo scrittore Richard Harland (Cornel Wilde) pratica il muro del silenzio (e dello shock) di fronte agli assassinii della moglie Ellen Berent. Le donne devono essere tutte accondiscendenti e non devono scoprire tratti “non femminili”, altrimenti gli uomini ne sono delusi. Una critica alla società patriarcale ancora attualissima. Radicalmente netta però la differenza di reazione tra una donna degli anni Quaranta e una degli anni Dieci dei Duemila: la prima chiede insistentemente il motivo del comportamento glaciale all’uomo; la seconda se ne frega, anzi lo pugnala con l’athame (coltello cerimoniale wiccan) e cade in uno stato catatonico di pace.
Amore vs. Sesso
Elaine confessa a Trish di aver trovato la formula perfetta per capire gli uomini, che sarebbe l’incantesimo per farli cadere ai suoi piedi. Peccato che il sesso non si possa trasformare in amore, cosa di cui è invece fortemente convinta: “Se vuoi amore, devi dare amore. Dare agli uomini sesso è un modo per sbloccare il loro potenziale amoroso”. Pensa che si possa vivere una favola se si soddisfa di più il proprio compagno. Elaine crede che le relazioni debbano essere tutte rose e fiori come se si stesse con un Principe Azzurro su un cavallo bianco e scappa ai primi screzi. Un po’ come gli uomini farebbero con lei se non fossero sotto sortilegio.
Il problema sta anche nella formula che recita alla Grande Madre, la Dea adorata dai wiccan: “Dea mandami un uomo dolce che mi ami come lo amo io”. Se ci riflettete, è un desiderio impossibile. Una persona non può amare un’altra alla stessa maniera nemmeno se i loro vissuti sono simili. Il modo di amare sarà sempre diverso e l’amore si incastra proprio perché non è identico a quello dell’altro ma complementare. Elaine non fornisce antidoti a chi è vittima delle sue pozioni d’amore perché non ammette nemmeno a se stessa che si sta vendicando di quello che le ha fatto passare Jerry col suo abbandono. “Nessuno è mai stato lì per me quando piangevo un fiume di lacrime”, pensa sdegnosa mentre ascolta il professore King (Jeffrey Vincent Parise) irritetito dalla sua magia piagnucolare come un disperato per la sua lontananza nella stanza accanto.
La grande assenza della vera stregoneria
La magia è “usare la tua volontà per ottenere ciò che vuoi”, afferma la protagonista. Se mi dessero un euro per quante volte sia stata detta questa frase in un film, non solo americano, oggi sarei ricca. Ti fa venire voglia di interrompere la visione e buttare tutto alle ortiche. Perché va bene che Season of the Witch, ambientato negli anni Settanta, epoca ancora ignorante di magia a livello mainstream, dica che la stregoneria sia una religione (c’erano anche studi fuorvianti a riguardo), ma è inaccettabile che nel 2016 una pellicola moderna non curi questo aspetto. Ora le streghe sono più allo scoperto, molte pratiche sono condivise, così come sono migliorati gli studi sull’argomento tanto che sappiamo che occultismo, esoterismo, new age e stregoneria possono essere concatenate in qualche modo ma sono profondamente divise sotto tanti aspetti. E soprattutto sappiamo che la stregoneria non è una religione ma una pratica fattibile da ogni confessione religiosa. L’ho già detto in questo blog però repetita iuvant. Anche The Love Witch è un mischione tra le credenze del fondatore della Wicca, molto contestato, Gerald Gardner, che preferiva le cerimonie nudo per tornare alla natura (era naturista), e lo pseudosatanismo.
Un elemento di novità che non si vede mai in genere sullo schermo è la Witch Bottle. In Europa è stata sempre usata a scopo protettivo ma nel film urina, tampone mestruato e rosmarino sono imbottigliati insieme come “fiori ricordo” sulla tomba del professore ucciso da Elaine. Una licenza creativa femminista che mi lascia sempre un po’ dubbiosa quando è usata a scopo decorativo e distorce la funzione di certe pratiche magiche. In ultimo, gli incatesimi d’amore esistono ma sono in genere sconsigliati, dato che come dice a ragione il sacerdote wiccan Gahan che assomiglia molto a Gardner : “Non funzionano mai come uno vuole”. È probabile che gli amanti di Elaine siano uccisi da un’eccessiva dose di giusquiamo nero che compare negli ingredienti della pozione. Altra osservazione giusta di Barbara è che la storia della stregoneria è strettamente intrecciata con la paura della sessualità femminile. Ma poi i due personaggi sbagliano per esigenze di trama dicendo che bisogna insegnare agli uomini come amare le donne usando modi che possano capire, ovvero le solite armi patriarcali: profumo, tacchi alti, trucco, carne scoperta. “Siate una madre e una amante”, tutti insegnamenti che hanno fuorviato Elaine.
Il potere di The Love Witch è nei colori esoterici di costumi e ambienti
La ricerca degli abiti vintage è molto accurata. Per la realizzazione dell’abbigliamento di scena Anne Biller ha usato la marca Gunne Sax, defunto brand di moda anni Sessanta e Settanta fondato a San Francisco da Jessica McClintock. Il nome “sacco di juta” proviene da alcuni vestiti che all’inizio erano fatti di questo materiale. Lo stile era vittoriano e edoardiano con maniche a “cosciotto di montone” molto popolari nei Settanta (Lorraine Warren in The Conjuring, ad esempio). La regista ha ricreato degli abiti dell’epoca dai cartamodelli McCall’s (che esiste ancora, ora proprietà Design Group) usando scarti o tessuti completamente nuovi. Biller ha impiegato un anno per confezionare i costumi di ispirazione rinascimentale che compaiono in una parte del film.
Anne Biller adopera i colori in modo simbolico. In un’intervista su Another Magazine dichiara di essersi ispirata per il vestito rosso di apertura del film a quello di Grace Kelly in Delitto Perfetto (1954) di Alfred Hitchcock, che tradisce suo marito. Il pesca e il rosa che Trish e Elaine indossano nella sala da tè è per simboleggiare i classici valori della femminilità e un “grembo chiuso”. I colori dell’appartamento sono basati su quelli del mazzo di tarocchi di Thoth ideati da Aleister Crowley e disegnati da Frieda Harris (trovate articolo a riguardo su Luna Nuova Magazine di dicembre 2022).