Mi sono imbattuta nell’attrice, stand-up comedian e speaker radiofonica Chiara Becchimanzi senza sapere chi fosse sul podcast Late Bloomers di Lorenzo Abagnale. Ho scoperto che aveva scritto un libro su peni e vulve a febbraio 2020 dal titolo A ciascuna il suo , edito da Aracne Editrice, e che aveva aperto anche un podcast con lo stesso nome. Mi sono incuriosita e ne ho comprato una copia col sentore che fosse un bel progetto. Non mi sbagliavo. Chiara è una donna della nostra generazione di millennials (1981-1996) che non ha peli sulla lingua. Non usa solo termini scientificamente corretti come pene e vulva ma anche fica e cazzo quando i discorsi tra donne sono colloquiali e in confidenza. Perché è così che parliamo tra di noi quando siamo tra amiche strette. Senza tabù. Ma non solo, nelle numerose scene di sesso presenti nel libro l’autrice dimostra che è possibile eccitarsi con descrizioni quasi pornografiche che risultano straordinariamente erotiche. La narrazione è sperimentale e contemporanea, riflette il nostro linguaggio e il nostro modo di comunicare: via WhatsApp, social, Skype, e-mail. Il libro non vuole essere portatore di verità assolute, al contrario desidera normalizzare la molteplicità e assenza di esperienze sessuali insegnando a volere più bene ai nostri organi genitali con un importante promemoria: “quello che desiderate non è mai troppo”.
Le protagoniste sono Rebecca e Caterina, due opposti che si incontreranno al Foro Romano grazie alla complicità di un gabbiano, che verrà successivamente identificato come “uccello sacro”. Rebecca, musicista e multitasking, ha avuto storie, relazioni, flirt ed è contenta di essere single senza avere il reale bisogno di qualcuno accanto; Caterina, giornalista, si infatua di tutti gli uomini che incontra, anche per sveltine, e ci ricama una vita insieme in modalità quasi stalker. Se Rebecca fosse musica sarebbe rock, Caterina pop. Quando si conoscono, però, si capiscono subito al volo, si fanno gran risate insieme, e tra spritz e vino bianco e discorsi sui massimi sistemi sulla ricerca dell’altra metà, decidono di “diventare sacerdotesse del piacere”. Infatti Caterina stabilisce che l’incastro tra due persone, sia mentale che fisico, lo decida la natura e che l’efficacia dell’incastro stia nel piacere sessuale. La teoria è che se il pene e la vulva combaciano anche le anime combaciano. Basandosi sul catalogo visivo di vulve associate ad animali del film Contro l’ordine divino (2017), le due ragazze partono alla ricerca degli abbinamenti perfetti in una sorta di oroscopo basato sulle esperienze vere di quattordici donne amiche che riescono a riunire in quello che viene da loro chiamato “aperi-pene“. I nove tipi di vulva (leonessa, tigre, squala, istrice, coniglia, scoiattola, lupa, farfalla, volpe) devono corrispondere ad altrettanti peni che sono associati agli alberi perché la morfologia animale corrispondente non è bella come quella delle vulve: pino colonna, marker tree, eucalipto arcobaleno, dracaena cynnabari, cipresso, baobab, ficus matapalo, abete, canna, bonsai. Ad ogni vulva e pene corrisponde un profilo fisico, comportamentale, simbologico, mitologico, antropologico che viene voglia di abbinare subito a persone reali solo per il gusto del divertimento (ho scoperto di essere coniglia ed incastrata con dracaena bonsai per una relazione e abete per il sesso). I disegni di Ilaria Palleschi sono esplicativi in modo cartoonistico e tenero.
Causa pandemia, il libro inizia a farsi pubblicità adesso nel 2021, e Chiara è contenta e soddisfatta perché, nonostante ciò, le copie si vendono bene online tra podcast e passaparola web. Sul sito dedicato a A ciascuna il suo c’è anche una sezione dove è possibile scrivere quale vulva e pene si è e l’autrice invia l’abbinamento corrispondente.
Cosa ti ha dato la spinta a scrivere il libro?
Nei miei monologhi comici ho sempre portato in scena la tematica erotica dal mio punto di vista personale. Questo materiale è cresciuto sempre di più e ho ritenuto opportuno, anche per fare una riflessione sulla mia generazione femminile e femminista, mettere nero su bianco il più possibile. La ricerca sul campo con quattordici donne descritta nel libro è vera: ho attivato un focus group in cui loro hanno raccontato tutte le loro esperienze e abbiamo stilato dei profili che fossero coerenti. La teoria elaborata è assolutamente arbitraria, è più un gioco di stile. La spinta finale me l’ha data la necessità di dire la mia su bulimia affettiva e precariato affettivo, che spesso non vengono raccontati, senza la pretesa di dispensare verità assolute. Lo scopo era anche ridare all’erotismo, che in questo ultimo periodo editoriale ha sofferto un po’ di stereotipia e maschilismo imperante, un taglio femminile e femminista con un carattere comico.
L’influenza della comicità è dovuta al tuo mestiere.
Sì, il mio monologo-cavallo di battaglia infatti è quello sulla rilettura comica di Cinquanta Sfumature di Grigio. Prendo il passaggio in cui i protagonisti lo fanno per la prima volta ed effettuo l’analisi del testo. Mi sono detta se questo è l’erotismo che piace alle donne, c’è un problema perché si basa su una dinamica di possesso che non può fare più parte della nostra narrazione come desiderio implicito di ogni donna.
La teoria su vulve e peni come è stata elaborata?
Nelle descrizioni di vulve e peni c’è un incrocio di teorie simbologiche, antropologiche, mitologiche, cabalistiche e orientali, esperienze empiriche e deduzioni. Le forme delle vulve associate agli animali le ho prese da un’immagine che appare nel film Contro l’ordine divino, che parla dell’acquisizione del diritto di voto da parte delle donne svizzere (ottenuto nel 1971, ndr). Durante una seduta di riappropriazione della propria vulva, una guru fa vedere questa illustrazione anatomica (presente nel libro di Chiara, ndr). Nelle mie ricerche ho scoperto che tutti gli animali combinati sono psicopompi, ovvero traghettatori di anime. Non poteva essere un caso, quindi ho scavato nella simbologia incrociando i dati con filosofia europea, mitteleuropea, cinese giapponese e ho trovato nozioni superinteressanti. Li ho associati alle donne che conoscevo e la cosa straordinaria è che ci ho preso. Forse esiste una qualche sincronia, chissà, ma, come ho già detto, nel libro questa teoria è un pretesto per raccontare una generazione e le infinite possibilità che possiede che derivano proprio dall’essere precari. Molti dei lettori del libro mi hanno inviato delle verifiche sugli abbinamenti.
E ci hai azzeccato?
Spesso ci ho preso. Invece una ragazza mi ha fatto notare che nella classificazione dei peni mi sono dimenticata il baobab insicuro.
Nel tuo podcast dove è possibile seguire la stesura live del tuo romanzo parli spesso di precarietà affettiva che pare affliggere i millennials della nostra generazione, che cosa intendi?
Siamo una generazione cresciuta pensando di poter ottenere o che fosse giusto desiderare di avere una famiglia, dei figli, una casa, un lavoro stabile, un contratto sicuro. Poi mano a mano che diventavamo adulti abbiamo capito che tutto quello che ci avevano insegnato a desiderare in realtà non l’avremmo mai ottenuto. Abbiamo incominciato ad adattarci a questa situazione in modalità multitasking ma questa precarietà è passata anche all’affettività per vari motivi. Io ho due genitori che stanno insieme da quarantacinque anni (si sono conosciuti al liceo) e nel mio codice comportamentale è questa la mia idea d’amore. Allora io come posso adattare quello che ha costruito la mia pubertà adolescenziale alla situazione attuale che non ti porta ad avere relazioni stabili? Una parte del problema è che noi oggi ci conosciamo da adulti, già formati, non disposti al compromesso. Però non ritengo il precariato affettivo una cosa negativa, per questo è molto divertente: perché forse ci può far scoprire che l’amore nel senso dei nostri genitori non è tutto. Basta col pensare che una donna deve trovare un amore eterno e la famiglia. No, una donna può vivere felice da sola tutta la vita e passare da una relazione all’altra arricchendosi con ognuno che incontra e viceversa succede ad un uomo. L’importante è essere consci di essere padroni del finale, cioè che possiamo scegliere quale strada percorrere senza farci venire l’ansia di essere per forza qualcosa.
Per la caratterizzazione dei personaggi ti sei ispirata ad amiche che conosci. Hai incontrato delle resistenze che non ti aspettavi?
Sì e no. Con le amiche che ho citato e inserito ho una confidenza fraterna, ci raccontiamo tutto da anni. Ho avuto più resistenza quando ho chiesto loro di guardarsi la vulva: molte lo hanno fatto subito (tra un po’ mi mandavano anche una foto), con altre invece ho dovuto insistere un po’ e non me lo aspettavo. Questo mi ha dato ancora più carica perché una delle altre grandi spinte che ho avuto per scrivere il libro è che la vulva è ancora un mondo sconosciuto per tutti. Si vedono molti più cazzi che fregne, detta papale papale. È bello restituire poesia sia alla vulva che al pene.
Per questo motivo hai deciso di farle disegnare così all’illustratrice Ilaria Palleschi?
Sì, le vulve sono animalette e rassicuranti. I peni li ho trasformati in alberi perché mi piaceva il loro significato nella simbologia come connessione tra terra e cielo e la vulva come porta tra due mondi. In questi due archetipi c’è tutta l’essenza del mondo. Sotto ad ogni vulva c’è un simbolo che rappresenta l’animale in modo mitico. Sotto la leonessa c’è una porta del tempio perché è custode delle porte sacre insieme al leone, la tigre ha la saetta per uno dei possibili significati del nome, la lupa è associata alla luna per ovvi motivi, la volpe ha il cactus per il fatto di essere regina del deserto, la scoiattola ha l’albero perché faceva da paciere tra il dio del cielo e della terra che litigavano spesso, la squala ha la corona sull’oceano per autorità impeccabile, la farfalla ha la trinità con l’occhio come simbolo della trasmigrazione dell’anima e la coniglia il fiore per essere legata alla primavera.
Le protagoniste Rebecca e Caterina sono due lati del tuo stesso essere?
Rebecca sono proprio io. Caterina è più una vocina ogni tanto: è l’unione di mie tre care amiche mischiate tra di loro. Negli aneddoti sessuali più intimi io sto pure dentro Caterina, però ho dovuto fare più un esercizio stilistico perché non ragiono come lei.
Il podcast l’hai creato nel corso della stesura del libro?
No, quella è l’illusione che ho voluto dare agli ascoltatori, in realtà l’ho cominciato dopo la stesura del libro. Lo scopo era promozionale per farlo conoscere al mondo del web poi, complice anche la pandemia, il discorso si è allargato anche a tematiche che non sono nel mio lavoro o poco presenti: LGBTQIA+ (ma c’è una coppia di donne omosessuali nel libro) e BDSM. Il podcast continua anche nel 2021, abbiamo registrato due puntate assieme alla mia amica attrice Giorgia Conteduca.
In un’intervista dici che Caterina è alla ricerca inquieta di un rapporto che rappresenti un netto miglioramento nella loro vita. Tu a che punto passi?
Durante la scrittura del libro c’è stato un momento in cui ho attraversato la stessa fase di Rebecca che ricorda i suoi ex e io non avevo voglia di una relazione, stavo benissimo da sola. Appena finito il libro ho conosciuto il mio compagno attuale con cui convivo. Io sono la dimostrazione vivente che una relazione bella arriva quando non la vuoi.
Nella scrittura del romanzo hai coinvolto pure i tuoi colleghi della stand-up comedy e del teatro? E quali sono state le loro reazioni quando è uscito?
No, non li ho coinvolti, anche se alcuni di loro sono stati inseriti loro malgrado come protagonisti di qualche aneddoto. Diversi amici della stand-up sono stati carini e disponibili a contribuire al progetto: Daniele Fabbri mi ha mandato dei vocali, Daniele Gattano ha partecipato al podcast. Betta Cianchini mi ha fatto fare una serata a Radio Rock su A Ciascuno il suo. Molte mie amiche presenti nel romanzo invece sono mie colleghe teatrali come Giorgia Conteduca del podcast.
Le protagoniste dicono molte parolacce e questo a mio parere rispecchia il mondo reale delle donne che parlano tra di loro a proprio agio. Secondo te perché una donna viene più giudicata per le parolacce che dice in un pezzo comico più che per il contenuto del messaggio?
Perché siamo immerse in un patriarcato da cui è sempre difficile smarcarsi. Una donna deve rispettare dei canoni di dignità, di misura, bel pacchetto che non urti una certa sensibilità maschilista, a cui molte di noi aderiscono. Sono le donne che criticano di più un pezzo sul sesso e sulle parolacce. Se non ti piacciono le parolacce, ci può stare, però a quel punto dovresti anche criticare il comico maschio che bestemmia. Se invece le critichi perché le ha dette una donna, hai un’idea di questa totalmente scollata dalla realtà. Io non ho bisogno di dire le parolacce per far ridere ma spesso le metto nei pezzi perché sono una liberazione, una rivendicazione, dato che nella mia vita le dico e sono sboccata. Se è vero che nella stand-up comedy bisogna essere sé stessi, allora Chiara è sboccata. Perciò la parolaccia è nel libro. È ora di svegliarsi e scardinare i ruoli precostituiti.
Ci sono persone che ti hanno confessato di essersi effettivamente eccitate leggendo il libro?
Sì, delle donne me lo hanno detto. Ti rispondo così senza scendere in particolari.
Stai trasformando il libro in una webserie e spettacolo teatrale?
Esatto. Per lo spettacolo teatrale ci stiamo ancora pensando dato che la riapertura dei teatri pare dipendere dalle sorti del mondo. Per la webserie ci stiamo muovendo per trovare i fondi e partecipare ai bandi. Stiamo tentando di fondare anche una start-up innovativa di audiovisivi con le mie colleghe donne.
A cosa stai lavorando adesso?
Sto scrivendo nuovi pezzi comici e un nuovo libro, quest’ultimo non comico-erotico, ma sulla mia famiglia. E faccio anche l’attrice che sarebbe il mio lavoro vero!
