WARNING: Quello che vi dirò su questo post è basato sulla mia esperienza personale, su quella di amici, conoscenti e followers. Se sentite che non ce la fate ad uscire da una situazione da soli, rivolgetevi ai dottori della psiche: psicologi, psicoterapeuti, psichiatri.
Disegni sulle foto di @fabitattoer
“You know what a harlequin is? A harlequin’s role is to serve. It’s nothin’ without a master. No one gives two shits who we are beyond that.” – “Sapete chi è Harley Quinn? Un Arlecchino! Il ruolo dell’Arlecchino è di servire. Non è nessuno senza un padrone. A nessuno frega un cazzo di chi siamo oltre a questo!”
Harley Quinn, Birds of Prey
Il mio nome è Harley Quinn. Harlequin, Arlecchino. Per molto tempo sono stata un giocattolo e non mi sono preoccupata di questo. Mi piaceva. Era divertente. Non devi pensare a nulla quando sei un oggetto sessuale, solo a compiacere e soddisfare gli altri. Mi è capitato di provare un’attrazione fatale e letale come quella di Harley Quinn col Joker, per questo motivo nel logo del blog sono vestita da Harley Quinn in Suicide Squad. Lui era un narciso patologico (anche se per me tutti i veri narcisi sono patologici). Non si accorgeva di nulla, non si vergognava di niente e faceva come voleva. Il suo profilo è molto vicino a quello di uno psicopatico e il mio interesse non era da crocerossina. Non volevo redimerlo, a me piaceva così com’era, o almeno credevo. Sì perché lui non era come diceva di essere. Indossava la maschera della persona spregiudicata e mentalmente aperta che non era. Tutto il contrario. In fondo era bravo con le parole, faceva il comico. Era di sicuro più bravo di Joker nelle battute, ma la differenza fondamentale è che il “cattivo” di Batman è sempre completamente sé stesso. Lui aveva riserve. Io ero persa per lui: non era amore, era ossessione. Il suo pensiero mi aiutava a condurre l’esistenza nella mia cittadina che non ho mai amato veramente. Era un appiglio contro la noia. È stata sin dall’inizio una relazione tossica pseudosessuale iniziata con una scintilla istintiva. Non mi sarei dovuta fidare dei colpi di fulmine da istinto animale: più tardi ho scoperto che sono meccanismi da riproduzione che non sono rivelatori di nulla, è solo chimica naturale. Io sono sempre stata la donna dell’azione, lui della procrastinazione. Aggiungeteci che era impegnato e avete un quadro della situazione. Sapevo che mi sarei fatta male ma ad ogni “scossone” che ricevevo era come prendere della morfina, mi rendeva resistente al dolore e mi assuefaceva ad esso. Col narciso ogni discussione è vana perché farà sempre orecchie da mercante, si mostrerà sempre in forma, quasi di gomma. Più cercavo di raggiungerlo, più lui si comportava uguale o peggio. Era stancante, faticoso, svilente. La mia spontaneità era stata completamente smorzata. Nel frattempo il vedere altre persone mi ha aiutato a guardare la cosa da un’altra prospettiva e ad allontanarmene. Piano piano la mia mente l’ha spogliato di tutto quello che lo rendeva speciale ai miei occhi. Non era più uno stimolo sessuale e mentale e mi sono accorta di non provare più affetto per lui. Quindi all’ultimo episodio di mancanza di rispetto, ho deciso di tagliare i ponti.

Il mese successivo è stato arduo. Era una droga sentirlo ma per mia fortuna le conversazioni si erano naturalmente diradate e il sentimento di sollievo al petto è stato più forte di qualsiasi mancanza. La colpa era di entrambi. La mia che continuavo a seguirlo e vederlo, la sua che continuava a rispondermi e a dire di sì o essere possibilista. Ho avuto strascichi fino ad oggi di questo rapporto malsano. Nel tempo ho constatato di essere migliorata ma a piccoli passi. Una delle mie più grandi pecche nei rapporti è di adattarmi troppo ai desideri dell’altro piuttosto che ai miei e di dare tanto per indole. Non si impara subito, questo è certo, però non è detto che tutto debba ripetersi all’infinito. È una questione di volontà, di istinto di sopravvivenza e di assunzione di responsabilità. Quando ho lasciato perdere non ho pensato solo “Questa me la segno” ma al mio bene. Un anno dopo si è ripresentato in chat su Facebook solo perché veniva a fare uno spettacolo nella mia città e mi ha chiesto se mi ero fidanzata (sottinteso: dato che non l’avevo chiamato più), io gli ho risposto: “No, sono single”. E lui è ricaduto nei suoi vecchi schemi dai quali non si riesce a liberare: “Vestita da Catwoman non lasci indifferente”. Non ha ricevuto mai risposta.

Le relazioni tossiche sono ovunque, possono succedere a chiunque, non importa il carattere: in amore, sesso, amicizia o sul lavoro. All’inizio pensavo la colpa risiedesse in una determinata categoria: egocentrici e narcisi. Mi sbagliavo. Anche se si dà di meno, è comunque una dipendenza per entrambi. Le responsabilità ci sono da tutte e due le parti. Una mia amica aspettava sempre per ore un ragazzo con cui si vedeva che aveva la palestra serale. Lui non gli diceva mai l’ora esatta in cui si sarebbero visti. A posteriori, mi ha detto ragionandoci su: “Ok, ma io perché lo aspettavo? Potevo pure andarmene via”. Io gli ho ricordato che era infatuata. Fortunatamente, la memoria ci aiuta a dimenticare. Prima di iniziare i miei sondaggi, pensavo che la relazione tossica fosse più diffusa nella sfera sessuale. È facile cadere nella trappola con scopamici et similia. Ma quando l’amore diventa ossessivo, geloso e possessivo può trasformare qualcosa di sano in qualcosa di malsano. “Ci amavamo tanto, non ci lasciavamo mai, poi lui ha iniziato a diventare crudele per gelosia infondata fino a che non mi ha tradito negando l’evidenza. Da qui la nostra relazione ha iniziato a diventare tossica, anche lievemente vendicativa, lui voleva voltare pagina e io avevo gli attacchi di panico”. A me è successo anche con amicizie femminili passate. Un’amica era preoccupata di perdere la mia amicizia al mio primo anno universitario e mi controllava cercando di stringere confidenza con i miei amici, ho sopportato per un po’ poi ho chiuso. Un’altra ha tentato di manipolarmi psicologicamente e non ha avuto successo. E si trattava di amicizie di una vita.

Il problema è la dipendenza che si crea, che è in genere affettiva o sessuale, pur se meno evidente, è ugualmente distruttiva come quella da stupefacenti. La relazione è definita tossica perché si alza la soglia di tolleranza verso una persona, per cui i comportamenti anomali vengono accettati come la norma. Nonostante gli esterni captino subito l’anormalità, chi è dentro la coppia pensa che siano dei semplici alti e bassi. Ci si estrania dal mondo e a volte ci si allontana da cari ed affetti. “Tu sai perfettamente che continuare è dannoso e deleterio per sé stessi e per l’altro, però nel rapporto c’è qualcosa sul piatto della bilancia dal quale tu come un tossico sei dipendente e non ce la fai a chiuderlo“. Avviene uno sbilanciamento che col passare del tempo è logorante. Ci si spegne perché è faticoso, diventa spesso una cosa “a senso unico”, tra chi si spende di più e chi di meno. La spinta ad uscirne è data dalla volontà di guarire da quella sensazione di avere delle sanguisughe sul corpo. La presa di consapevolezza della necessità di spezzare il legame e la ricerca della serenità per sé stessi fa scattare l’allontanamento definitivo. Perché bisogna stare sempre con un groppo d’ansia alla gola e la morsa allo stomaco? Per dieci minuti di felicità o di sesso? Una scintilla in un mare di nebbia? Se vi sembra che il tempo si fermi è per il fatto che non riesce ad andare avanti. È un momento parallelo che non è in grado di fondersi con la realtà. Liberarsene supera il dolore della perdita, è una rinascita.

Molti danno la colpa dell’esistenza di rapporti tossici al patriarcato. “La maggior parte delle donne vive una relazione tossica ma non ne è consapevole perché l’ha vissuta la madre, la nonna, e così via, quindi diventa una cosa normale. Il sussulto degli anni Settanta è stato mitigato con la legge sul divorzio e annichilito con quella sull’aborto”. Non sono d’accordo nell’identificare in un solo sesso la vittima di relazioni tossiche. Anche le donne mi hanno confermato di essere state la parte passiva in un rapporto del genere. Siamo tutt* vittime del patriarcato. Il fatto che il maschio etero cis sia dominante non lo rende immune dal dolore e dalla debolezza. “Dobbiamo levarci dalla testa che il dolore è normale e che siamo destinate a soffrire emotivamente e fisicamente nel sesso e nell’amore perché siamo donne”. L’affermazione di questa follower non è sbagliata ma come ho detto precedentemente nelle relazioni si è in due. Ognuno ha la sua parte di mancanze e responsabilità, anche se spesso non sono equilibrate. Il dolore è possibile provarlo pure in un rapporto liscio come l’olio. Sono convinta che in una società equa forse alcuni tipi di relazioni tossiche legate al possesso, alla gelosia, al non rispetto ed alla violenza diminuirebbero, però questa categoria in sé non sarebbe debellata perché è troppo legata all’incastro di caratteri e a periodi confusionali nella vita della gente.

L’essere una persona equilibrata, forte e combattiva non ci previene dal cadere in baratri oscuri. Non esiste la perfezione né in natura né nei sentimenti. Bisogna affrontare sé stessi per comprendere cosa si vuole. Non è necessario odiare o provare rancore per gli altri per “quello che ci hanno fatto”: noi eravamo consenzienti, ricordate? Nonostante abbiamo dato di più ci dimentichiamo sempre che nessuno ce l’aveva chiesto. Non esiste la garanzia matematica che dopo una relazione tossica, non ci si ricaschi. Ma se si decide di cambiare, piano piano ci si affranca da essa. L’autoanalisi fa sempre bene per non ricadere nei vecchi comportamenti, non dare una mano al Joker di turno e non mettersi di nuovo la maschera di Harley Quinn.
“The Joker had not merely deceived her; he had manipulated her into deceiving herself” – Il Joker non l’aveva semplicemente ingannata; l’aveva manipolata nell’ingannare sé stessa. Mad Love, Paul Dini + Pat Cadigan
