La sicurezza sessuale di Catwoman

“You make it so easy, don’t you? Always waiting for some Batman to save you. I am Catwoman. Hear me roar”. – Catwoman, Batman Returns (1992)

Da qualche anno a Carnevale mi vesto da stereotipo sexy per scoprirne i particolari e sfatarne i suoi miti. Questa volta ho scelto Catwoman, un’emblema del sex appeal, consacrata sugli schermi da una magnifica Michelle Pfeiffer in Batman Returns di Tim Burton, che l’ha saputa interpretare alla perfezione nel suo ruolo double face. Ero piccola ma, come tante mie amiche, sono rimasta affascinata da questa donna che avanzava con movenze da gatto sullo schermo. Era diversa dalle eroine dei cartoni giapponesi, sempre bisognose di un uomo come spalla, persino una travestita da uomo come Lady Oscar. Catwoman era indipendente e sprezzante del potere maschile. Usava la sua sexiness (l’italiano non aiuta, sorry) per puro divertimento. Era sempre lei a comandare il gioco e chissà se la sicurezza di sé era data anche da quella sua tutina nera lucida in latex che le aderiva perfettamente al corpo?

Batman Returns (1992)

Il costumista inglese Bob Ringwood del film di Burton dice di essersi ispirato per il suo costume alla foto di un busto di donna con le varie parti cucite insieme realizzata da un’artista tedesca. Rimase affascinato dalla sua bizzarria allo stesso tempo sinistra e sessuale e ci basò sopra tutto il concept. Avendo approfondito la storia delle tutine in gomma, gli credo a metà. Il regista o Ringwood si sono sufficientemente informati sul passato di questo indumento tanto da far estrarre dall’armadio di Catwoman un impermeabile nero lucido, un ritrovamento un po’ impensabile per una schiava del rosa e del pastello. Caso fortuito o intenzione reale, l’impermeabile Macintosh è considerato il punto di partenza della Rubber Fetish Community di diffusione internazionale. Era un impermeabile di latex infuso col tessuto resistente all’acqua creato dal chimico scozzese Charles Macintosh. A metà degli anni Settanta gruppi di persone si vestivano solo dei suoi impermeabili per piacere personale e avevano creato il Macintosh Magazine dedicato alle fantasie su questo indumento, come riporta il documentario Dressing for pleasure (1977), che influenzò il punk nato negli stessi anni. Nel 1957 nasce AtomAge, brand di John Sutcliffe che diventerà poi anche rivista negli anni Settanta, che passa rapidamente da brand di abbigliamento resistente alle intemperie a creatore di tutine fetish per piacere estetico e sessuale. Fu lui il primo a creare quelle in gomma che assomigliano molto al costume di Catwoman. Inoltre, questo disegno di Gene Bilbrew sotto, non vi ricorda qualcosa?

Gene Bilbrew

Pfeiffer sottolinea che la tutina assieme al corsetto era costrittiva. La maschera necessitava di continui fitting per evitare che le facesse male nel parlare. La gomma del costume era dipinta in silicone che veniva bagnato di shot in shot per mantenere l’effetto lucido. Doveva essere ricoperta di borotalco e aiutata da persone per infilarsi dentro il costume. Per non parlare del bustier, che era fatto apposta da Phil Reynolds, un maestro della corsetteria da ballo, particolarmente stretto e limitava il respiro. Una tortura essere sexy in un mondo di uomini, eh? Catwoman lo sa bene, per questo la sua catsuit, come è chiamata in inglese, ha cuciture a vista, per rendere palese il suo dissenso verso una cultura patriarcale che la vuole lucida, perfetta e disponibile. Pronta all’uso come un oggetto. La Catwoman di Burton è unica nel suo genere perché rispetto a quella deludente dei fumetti DC non è sessualizzata. Rinasce abbandonando la femminilità stereotipata della sua vita precedente ed abbraccia la sua nuova sessualità che le piace, perché ancora inesplorata e piena di novità. È sexy solo per il proprio piacere. Ignora sistematicamente le avances degli uomini del film, stuzzica Batman rifiutando però i suoi tentativi di salvarla, mette al primo posto i suoi desideri. È lei la vera protagonista del film, gli altri sono personaggi marginali. Tim Burton è stato un genio, ha dato un senso ad una supereroina bistrattata sin dagli anni Quaranta.

Batman Returns (1992)

Catwoman deve il suo passato da dominatrice senza scrupoli a Frank Miller, conosciuto ai più per Sin City. Seguendo il suo stile crudo e noir nel volume Year One la rende una invecchiata sex worker specializzata nella dominazione che gestisce un’agenzia di escort a Gotham alla mercé di un violento pappone. Non un ritratto lusinghevole ma più definito dei suoi precedenti. Ai primordi cambiava spesso identità senza avere un costume specifico, era solo una ladra che rubava gioielli e manufatti. La sua caratteristica principale era il non essere una vera cattiva, il nuotare sempre in una zona grigia tra il bene e il male, che la rendeva accattivante e imprendibile. Batman è sempre stato attirato da lei ma non ha mai capito interamente il suo carattere e la sua indipendenza. Una sorta di metafora della modernità che colpisce diversi uomini di molti paesi occidentali senza gli strumenti culturali per comprendere. Catwoman è stata spesso accantonata per anni da disegnatori e scrittori di fumetti perché complessa e fuori dai canoni del dopoguerra. Era dipinta come una femme fatale, simbolo maschilista, che viene sempre punita nelle storie per andare al di fuori del ruolo prestabilito del suo genere. Fortunatamente, il piccolo schermo le ha infuso nuova linfa con Julie Newmar e Eartha Kitt nella serie televisiva di Batman (1966-68) che le diedero giusta sensualità e carisma. È la prima eroina ad essere stata creata dalla DC Comics (1940), a discapito di Wonder Woman (1941).

Catwoman by Frank Miller

È divertente andare in giro vestita da Catwoman anche se indossare dei guanti che non siano touch screen o pratici non è consigliabile. La tuta era comoda, dato che non ho trovato la S e il materiale non è latex, la maschera da gatto no, priva di elastico o qualcosa per fissarla torna in su e dà fastidio alla parte inferiore degli occhi (come si vede nella foto, sigh). Le persone ti guardano con curiosità, soprattutto la frusta: le più temerarie chiedono di provarla, altre si limitano a fissarla. In realtà in pubblico credo non si possa usare se non per spettacolo (a giudicare dallo sguardo ammonitore dei vigili urbani), è pur sempre una sorta di arma. Nei panni di Catwoman ci si sente comunque più liberi, anche se sospetto sia il solito potere della maschera, che ci permette di essere ciò che realmente non siamo. Non sono una divoratrice di uomini ma adoro l’interpretazione che gli ha dato Tim Burton perché mi ci rispecchio in completo: la sicurezza sessuale rende sexy. E dopo ogni morte si rinasce sempre più forti.

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