La storia del Burlesque 2 – Movimenti tipici, costumi di scena e età dell’oro

Foto copertina: Jane Russell in La Linea Francese (1953)

Nel 1917 avvenne il leggendario incontro tra burlesque e strip. In uno degli show dei fratelli Minsky, Mae Dix rimase svestita durante il suo numero. L’episodio fu applaudito dal pubblico e gli organizzatori inclusero l’incidente nella sceneggiatura dello spettacolo.

Tra gli anni Venti e Quaranta, periodo d’oro del Burlesque, si codificarono le caratteristiche di questa arte. Le compagnie teatrali stabili ospitavano ogni settimana una compagnia itinerante e i tempi erano divisi in: ouverture (apertura), sketch comico, spogliarello e breve epilogo (balletto). All’inizio le persone erano interessate ai pezzi comici, vero collante del burlesque. Accorrevano in soccorso nei momenti in cui si scatenava una crisi dietro al palco. Si classificavano in tipi: naturale (sciocco e imprevedibile), campagnolo (in mezzo al pubblico si arrampicava sulla scena con i pantaloni abbassati e un’osservazione divertente), vagabondo (parlava tanti dialetti diversi), silente (faceva gesti ed espressioni esilaranti in silenzio), triste (vestito quasi da clown, era lo zimbello della situazione).

Negli Stati Uniti si formarono due compagnie itineranti rivali: la Columbia Amusement Company, promotrice di un burlesque pulito, e l’American Wheel, dal burlesque spinto e comicità sconcia. Nel 1920 eruppe sulla scena la Mutual Burlesque Association che presentava corpi con bustini semitrasparenti e pantaloncini aderenti aperti sui fianchi. Quando nel 1927 la Columbia ebbe problemi finanziari, si unì alla Mutual, creando la United Burlesque Association, che ebbe pochi anni di vita: chiuse nel 1931. Il burlesque a buon mercato riuscì a sopravvivere ed evolversi una volta superata la crisi economica americana.

Le ballerine avevano coperto il nudo con chiffon fino a quel momento, ma negli anni Trenta l’approccio cambiò. Fioccarono divieti e multe per chi svelava più del dovuto. Fu reso obbligatorio il reggiseno in scena, vietati i bis di spogliarello, ripuliti i dialoghi, rimosse le passerelle perché a rischio incendio. Per aggirare le leggi che proibivano la messa in mostra delle parti intime, nacquero i perizoma (g-string), i copricapezzoli (pasties) e i copripube (merkin). Sul palcoscenico furono introdotti dei segnali di avviso di presenza della polizia nel locale: la luce rossa ne segnalava la presenza, la luce spenta l’assenza.

Negli anni Quaranta comparvero due movimenti peculiari del burlesque: tassels twirling, una rotazione delle nappine sulle pasties, bump and grind, una rotazione dei fianchi e dei seni, seguita da colpo di addome.

I costumi dovevano illudere il pubblico facendogli credere di scorgere più carne di quella che in verità era esposta. Un elegante costume era costituito da un indumento esterno disegnato per sembrare un abito lungo fino a terra. Sotto c’erano pannelli di strisce di tessuto ricamato o paillettes attorno ai fianchi, con strati di chiffon o di seta che pendevano sul davanti o sul dietro delle gambe fino alle caviglie. Copriva il busto un reggiseno a rete e le pasties. Il perizoma completava il quadro. Dall’acconciatura ai guanti, ogni pezzo doveva cadere alla perfezione sul corpo, per questo i sarti impiegavano lunghe ore di misurazione. Dovevano essere duraturi per essere indossati spesso. Per essere sfilati in modo veloce senza intoppi, erano utilizzati ganci d’ottone, asole e bottoni automatici. Era un abbigliamento costoso e alle performer era richiesto un repertorio di quattro o cinque abiti in tournée. Nelle piccole e grandi città americane le passerelle dei teatri di burlesque si trasformavano in sfilate di moda. Molte donne andavano a vedere le artiste per prendere appunti sul loro abbigliamento e trasferirlo nel loro guardaroba. Gli stilisti erano ispirati dai loro costumi e i costumisti di Hollywood li convertivano in look per il cinema. In Lady Burlesque (1943), basata sul romanzo della burlesquer Gypsy Rose Lee, G-String Murders, gli abiti di Barbara Stanwyck mantengono un perfetto equilibrio tra sensualità e classe senza essere succinti.

Tassels twirling

I più famosi costumisti di burlesque con le quali le star avevano un rapporto collaborativo furono Rex Huntington e Gussie Gross. Il primo non creava solo costumi per ragazze ma anche per i travestiti. I suo vestiti, un misto di raffinatezza e vistosità, scolpivano le curve e ne creavano dove non ne esistevano. Impiegava molto le cerniere che permettevano di svestirsi in fretta. La seconda era una donna che usava tecniche intricate: reti a pieghe, crine, passamaneria metallica, gocce di cristallo e tintura per tessuto. Le sue fodere erano impeccabili. Documentava ogni fase del suo lavoro con delle polaroid, come costruire uno striptease a rallentatore.

Il direttore di danza domandava quale fosse il colore dei vestiti delle burlesquer per sfruttarlo durante lo show. La tenda di dietro e davanti dovevano essere di una tonalità contrastante col costume della performer. Solo le star avevano coreografi personali che sviluppavano la loro personalità sul palcoscenico. Ogni artista per essere ricordata doveva avere un numero o una caratteristica particolare. Alcuni diventavano così celebri che erano incorporati nel repertorio di tutte le stripper.

Gussie Gross misura una performer nel backstage del Los Angeles Follies Theatre. Foto mia del libro Pretty Things di Liz Goldwyn (che vi consiglio tantissimo!)

La musica di sottofondo era affidata all’orchestra. Questa suonava pezzi jazz, dixieland, shimmy, charleston, one-step, swing, jive e canzoni italo-americane. Le musiche più gettonate erano Harlem Nocturne di Earle Hagen, The Stripper di David Rose, Bumps&Grinds e Shivas Regal (Theme for Gypsy), entrambe del sassofonista e direttore d’orchestra Sonny Lester.

Il backstage era sorvegliato dai manager del locale per assicurarsi che nessun ammiratore o stage door Johnny (mariti e amanti) sgattaiolasse dentro. Era vietato guardare le prove delle performance dietro le quinte perché qualcuno poteva copiarle.

Le star del burlesque nel momento di massimo splendore erano pagate 2.000 dollari a settimana ed erano accompagnate da facoltosi uomini d’affari e gangster. Era molto remunerativo se si pensa che le donne di quell’epoca erano impiegate in fabbrica o nelle agenzie di vendita porta a porta. In genere vi approdavano performer che non erano riuscite a sfondare nel cinema o nella danza, un ripiego per una carriera non decollata.

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