Colgo l’occasione dell’imminente equinozio d’autunno (quest’anno cade il 22 settembre) festeggiato da noi pagani per raccontarvi uno dei miti più significativi della società patriarcale antica. Il ratto di Persefone. Non ci è dato sapere se Ade nello sbucare dalla terra abbia anche stuprato Kore (fanciulla), nome greco iniziale di Persefone (distruttrice della luce – la luce nell’aldilà greco era assente – quindi distruttrice della morte), ma di sicuro non agisce sotto suo consenso.
La dea viene rapita in un campo di fiori di Eleusi dal dio innamorato di lei, con il consenso ambiguo di Zeus. Ambiguo perché Zeus dice ad Ade, suo fratello maggiore, che non poteva né negare né concedere il suo consenso dato che da una parte temeva di offenderlo e dall’altra aveva paura che Demetra non l’avrebbe mai perdonato se la loro figlia avesse regnato sul Tartaro. In pratica un Ponzio Pilato ante litteram. Kore, nata da uno dei tanti stupri del dio supremo del pantheon greco, in questo caso di sua sorella Demetra, è costretta in seguito a rimanere per sempre negli Inferi per aver mangiato un chicco di melagrana. Secondo la legge eterna, chi mangiava alcuni chicchi di questo frutto nel Tartaro, doveva farvi ritorno. Demetra cerca la figlia per nove notti e nove giorni (numero sacro 3+3+3). Alla fine, aiutata da Ecate, dea della magia e dell’oscurità, sa la verità da Helios, dio del sole che tutto vede. Demetra minaccia di rendere la terra sterile e Zeus corre ai ripari convincendo Ade a trattare con la madre: così Persefone resterà per tre mesi con lui e per nove con la sua genitrice. Questo era un mito per spiegare la morte e la rinascita della Terra attraverso i cicli stagionali che testimonia come fosse il genere maschile a comandare nella Grecia ellenica.
Kore (ragazza), Demetra (donna) ed Ecate (anziana) erano una triade antica risalente ai tempi in cui i misteri dell’agricoltura erano celebrati esclusivamente dalle donne: Kore era il il nuovo seme, Demetra quello maturo, Ecate quello raccolto. Ogni autunno le donne dell’antica Grecia celebravano un rituale della fertilità lungo tre giorni, le Tesmoforie, e dedicato a Demetra, dea delle messi. I tre giorni erano chiamati Kathodos (Discesa) e Anodos (Ascesa), Nesteia (Digiuno) e Kalligeneia (Bella Nascita). Le feste facevano parte dei riti delle origini ed erano celebrati da sole donne. In questo quadro si inserivano i Misteri Eleusini, celebrati a fine estate, e rappresentavano proprio il mito del rapimento di Persefone a sua madre, Demetra. La storia è contenuta nell’omerico Inno a Demetra del settimo secolo a.C. scritto per spiegare i misteri eleusini. È importante notare che nei miti precedenti non esisteva alcun rapimento o stupro da parte di Ade, probabilmente fu inserito dai popoli che invasero l’Attica (Ioni, Achei, Dori) . La divinità antecedente di Demetra era Gaia, Madre Terra, che aveva potere nell’aldilà perché la terra è la dimora dei morti. Demetra in certi santuari era chiamata Demetra Ctonia (sotterranea) e i morti Demetreioi (gente di Demetra) perché la Terra dà e si riprende la vita. Kore da aspetto di Demetra fanciulla passa ad essere sua figlia nella mitologia patriarcale.
Il cambiamento della società muta i sistemi di riferimento.”Eh ma era solo un mito”, qualcuno direbbe. Non bisogna sottovalutare la funzione del mito nell’immaginario collettivo che influenza la coscienza collettiva. Per gli antichi era storia vera perché rifletteva ed insegnava aspetti del mondo reale. Gli dei e gli eroi greci agiscono impuniti perché c’è una società che approva questo tipo di comportamento, o come diremmo oggi, appoggiava la rape culture. Le donne ateniesi ad esempio non potevano prendere decisioni sociali e finanziarie senza la supervisione di un guardiano maschio. Non potevano denunciare casi criminali e nemmeno testimoniare, tutto doveva essere filtrato dal loro custode che poteva modificare la sua versione se lo riteneva opportuno. Spesso lo stupro era trattato come adulterio. Il consenso o non consenso della donna era irrilevante come nel matrimonio, in cui erano il padre o i parenti maschi a decidere chi la figlia dovesse scegliersi come consorte. Ogni città greca aveva leggi diverse, una delle poche che lasciava le donne più libere era quella di Sparta e le altre cittadine a lei assoggettate.