Mini rubrica per sfatare i falsi miti su noi sex blogger
“Scusa, ti posso fare una domanda?”: un buon 95% delle volte non è una domanda innocente. Viene sempre posta da un maschio eterosessuale cisgender e il più delle volte nasconde una strategia. Questi uomini guardano i nostri profili e bussano alle nostre porte con domande iniziali che sembrano delle richieste di informazioni proprio per indurci a rispondere. Il tranello è quasi subito svelato. La domanda successiva alla nostra risposta o è sessualmente diretta o è la narrazione di un’esperienza personale che può essere in linea con ciò che abbiamo appena pubblicato sul social oppure discostarsene, ma l’argomento è sempre sessuale.
“Come ti masturbi?”, “Capita anche a te?”, “Sei fidanzata?”, “Siamo una coppia ti va di fare una cosa a tre?”, “Sai sono molti anni che sono sposato e sto cercando una vera Dea da venerare”, “Ti pago e facciamo sesso”: sono alcuni esempi di molestia esplicita che riceviamo. Quando si fa chiaramente notare all’interessato che ci sta molestando, questo si ritira indietro come un gambero con chiari segni non solo di bipolarismo ma di abitudine a fare lo gnorri incoraggiata dalla società patriarcale in cui viviamo. “No, mi hai frainteso non volevo dire questo”, “Non è vero”, “Non capisco quello che vuoi dire”, “Ma sei matt*?”, “Certo che se sei sempre così acid*”: sono le risposte più frequenti quando non insultano. Alcune sono persone patologiche, altri, soprattutto se abbiamo un seguito consistente, si costruiscono fake account solo per infastidirci. Altri ancora prendono come sport preferito quello di lasciarci una gragnola di commenti positivi, negativi, neutri oppure metterci like a ripetizione solo per farsi notare. In questo ultimo caso c’è stato un uomo che ha avuto il coraggio di dirmi che aveva letto tutti i miei post nonostante i cuori fossero stati messi a distanza di pochi secondi in più di dieci post. Gli ho detto che stava offendendo la mia intelligenza. Per questo siamo prevenut* soprattutto con questa tipologia maschile. Il nostro è un classico atteggiamento della vittima di molestie online.
Eravamo tutt* disponibili a parlare con tutti all’inizio. La voglia è passata conoscendo la fauna che si nasconde su Instagram. Sottolineo che spesso questi uomini non hanno nome e cognome come su Facebook e si sentono più a loro agio a molestare con nomi di fantasia. Quindi noi sex blogger usiamo il nostro unico mezzo di difesa a disposizione: il blocco. Continuiamo a postare, siamo gentili ma denunciamo le molestie sia sulle stories che alla polizia postale (stalking, minacce). È con i commenti “che sarà mai?”, “va bè alla fine non ti ha detto nulla” che si normalizza qualcosa che normale non è e deve essere condannato. Siamo qui non per chattare sui nostri gusti sessuali con sconosciuti guardoni ma per condividere le nostre esperienze e la nostra curiosità con tutti alla luce del sole.