Prende il via la mini rubrica di curiosità sulla sensuale danza del ventre, Gocce di Danza del Ventre. Studio da otto anni questa danza e mi sto preparando per l’esame di un corso da insegnante. Ho pensato di condividere le mie scoperte con voi in questa nuova sezione.
Dietro le monetine attaccate alla sciarpa stretta in vita, caratteristica di questa danza, si nasconde una storia interessante. Sin dai tempi dei faraoni, nella Quarta Dinastia (2680-2560 d.C.) le danzatrici erano ricompensate per la loro performance con collane d’oro e gioielli preziosi. Quelle che si esibivano al mercato raccoglievano le monete buttategli dai passanti, che è la tradizione che si è mantenuta fino ai giorni nostri in Egitto. Siccome non avevano sporte in cui riporre i loro guadagni, li aggiungevano ai loro vestiti cucendo le monete sui tessuti di corpetti, copricapi o scialli che portavano annodati sui fianchi. Un’altra soluzione era convertire il denaro in gioielli che potevano essere sempre indossati.
Nei kahwa, caffè frequentati da soli uomini egiziani musulmani, gli artisti percepivano la noqta. Una retribuzione che consisteva nel raccogliere le monete che i clienti gli offrivano. Era il modo dello spettatore per ringraziare l’artista della gioia e del piacere provocati. I malahi, locali di stampo europeo dove era permesso consumare l’alcool, adottarono per le loro danzatrici la noqta all’inizio del XIX secolo. La danzatrice all’inizio trasgrediva un’importante regola sociale del mondo islamico: non poteva esibirsi in locali chiusi davanti agli uomini (anche se poi nel corso del XX secolo questo pubblico diventerà misto). Per questo rese la noqta un gioco di cui era la protagonista: i clienti dopo aver inumidito le monete di saliva, le incollavano a una delle parti nude del suo corpo, alla fronte, alla gola e alle braccia. A spettacolo concluso, la danzatrice raccoglieva le monete in un fazzoletto. Accadeva attorno al 1881.