Le due anime della cameriera francese, alle origini del costume sexy più consumato d’Occidente e del Sol Levante

La cameriera francese è uno dei capi “principe” dei vestitini sexy. Combina due anime intriganti nella sua dicitura: l’essere servizievole e la nazionalità francese. Quest’ultima evoca un immaginario licenzioso e disinibito vecchio quanto il Re Sole. È un travestimento ideale per i giochi di dominio e sottomissione, adatto a tutti i generi. E non è detto che la cameriera non comandi: essendo responsabile della pulizia della casa o dei piani, gestisce un sistema organizzato e può passare facilmente nel ruolo di dominante. È da ricordare inoltre che spesso il sottomesso ha il controllo della situazione, con la consapevolezza o meno del dominatore. Il costume da cameriera può non attrarre o risultare decadente ma in un gioco di ruolo, se siamo particolarmente coinvolti con l’altra persona, ci possiamo prestare a tutto. L’importante è che ci sia il pieno rispetto reciproco.

Moira O’Hara (Alexandra Breckenridge) nella prima stagione di American Horror Story

Il mito della cameriera sottomessa nasce ufficialmente in Inghilterra con il primo romanzo epistolare inglese, “Pamela, o la virtù premiata” di Samuel Richardson, scritto nel 1740. Di stampo moralista, fu il primo bestseller del mondo occidentale. Tutti lo volevano, tutti ne parlavano e lo prendevano come esempio in gruppi di lettura e sermoni domenicali. Io lo lessi alle superiori perché la serie tv Elisa Di Rivombrosa era stata ispirata da Pamela e ricordo che la sua trama mi innervosì parecchio all’epoca. Narra di una giovane cameriera che appena muore la sua padrona inizia ad essere insidiata da suo figlio, che non vuole altro che andare a letto con lei. Pamela, in onore della sua dottrina puritana, sfugge ad ogni tentativo di corruzione da parte di Mr B. (no, non è Mr. Big di Sex & The City però forse si sono ispirati, chissà!) e capitola solo quando lui si offre di sposarla. Bisogna sempre leggere i romanzi con gli occhi dell’epoca. Oggi considereremo quest’opera con disprezzo ed indignazione per una vicenda che sarebbe stata denunciata al grido di #MeToo, ma all’epoca la sua storia fu rivoluzionaria perché metteva in dubbio il ruolo tra classi e la presunta correttezza delle persone aristocratiche diversi anni prima della Rivoluzione Francese. Inoltre, il suo principale fascino risiedeva nel fatto che la scalata sociale fosse possibile, bastava essere un minimo istruiti e sapere cosa si volesse. Tuttavia, non pensate sia questo gran lavoro letterario: Pamela è affetta da sindrome di Stoccolma per il suo carnefice (Mr B. la tiene prigioniera per quaranta giorni e tenta di stuprarla) e se ne innamora quando questi inizia a trattarla in modo gentile.

“VIII: Pamela accoglie suo padre” di Joseph Highmore (1743-1744)

Il Marchese De Sade nel 1791 ci scrisse una parodia col suo “Justine, o le disavventure della virtù”. Justine, una ragazza di nobili origini diventata orfana, cerca di vivere secondo i precetti del cristianesimo ma viene coinvolta in rapimenti, stupri, orge, assassinii e torture. Condannata a morte, verrà salvata da sua sorella Juliette, che ha guadagnato un titolo nobiliare nonostante una vita dedita al vizio. L’intento del Marchese era far capire che nella società la virtù (verginità) e l’onestà non ti portano da nessuna parte se non in un mare di guai. Il particolare piccante è che secondo la scrittrice Francine du Plessix Gray in At home with the Marquis De Sade la protagonista del romanzo fosse la cameriera di servizio Catherine Trillet, soprannominata Justine, del castello La Coste di proprietà del Marchese, che non lo lasciò mai nonostante fosse assediata dal nobile. Pamela e Justine diventano quindi topoi letterari del romanzo rosa ed erotico che persistono in una certa misura anche oggi ma sotto altre spoglie (Twilight, 50 Sfumature di Grigio).

Edizione olandese di Justine, 1800.

Ma perché la cameriera francese e non quella inglese? Nel Settecento e nell’Ottocento la lingua più diffusa tra le classi altolocate era il francese ed era segno di distinzione parlarlo, governanti che lo insegnassero ai figli e avere domestici di questa nazionalità, soprattutto con l’avvento della borghesia che ha sempre aspirato a sostituire l’aristocrazia non riuscendo mai completamente nella sua imitazione. Nelle classi alte cameriere e camerieri di servizio vivevano all’interno della casa ed erano a disposizione dei loro padroni 24 ore su 24. Da qui nacquero le dicerie sulle cameriere francesi, che sarebbero state coinvolte in scandali con i loro padroni (e vicecersa per le padrone). Non è chiaro se l’associazione definitiva con una figura sexy e provocante spetti al Vaudeville o al Burlesque, essendo i due generi uno la compenetrazione dell’altro. Fatto sta che esiste una commedia musicale intitolata The French Maid uscita a Londra ad aprile del 1896, prodotta a New York nel 1897. La cameriera francese Suzette fa girare la testa a tutti e provoca la gelosia del gendarme che serve, Paul Lecuire, ma alla fine tornerà da lui. È probabile che la fama della cameriera francese fosse già di dominio internazionale e che avesse ispirato questa rappresentazione. Infatti il Burlesque americano aveva inserito degli sketch in cui ragazze vestite con succinte uniformi da cameriera francese si infilavano in situazioni discutibili. Si trattava della divisa pomeridiana che indossava questa categoria attorno al 1890 e che poi si codificherà in grembiule bianco e vestito nero negli anni Trenta. Il Burlesque scelse questo éscamotage per sfuggire alla censura del tempo con un outfit ammiccante ma rigoroso e coprente.

Yusa Ogura, Candyfruit.com

Se il costume da cameriera non è più molto gettonato nel mondo occidentale, resiste alla grande in Giappone grazie ad uno stilista che ha reso tangibili le divise delle ragazze degli anime e dei manga: Masaaki Shiozawa. Dal 1998 ha iniziato a venderle assieme al suo socio Tetsuya Ono con cui nel 2000 ha fondato l’azienda Candy Fruit, che si occupa di abbigliamento da cameriera fantasy di alta qualità. Ho scelto la parola “fantasy” perché non si tratta di abiti professionali e Masaaki li ha cominciati a produrre per far fronte alla richiesta crescente dei suoi clienti appassionati di cartoni e perché per sfondare bisognava specializzarsi. Nel 1998 aprì anche il primo maid café ad Akihabara, il quartiere tecnologico di Tokyo, il Pia Carrot Restaurant. Il maid café è un posto molto carino (kawaii) dove cameriere adolescenti con uniformi graziose servono otaku (in questo caso nerd giapponesi che vivono solo nel mondo degli anime e dei manga, spesso reclusi dentro casa) con coreografie specifiche per ciascun piatto servito altrettanto decorato in modo kawaii. Le maid girls sono oggetti sessuali da ammirare e sui quali fantasticare, una sorta di geishe per otaku da non toccare. Un fenomeno non nuovo in Giappone, che si accomuna agli host e hostess club, una sorta di bar per salaryman (lavoratori d’ufficio) e uomini d’affari in cui ragazze e ragazzi si guadagnano la serata flirtando, cantando al karaoke e facendo bere a più non posso. Nel corso degli anni Duemila i trend da cameriera sono cambiati (ora va di moda il grigio e lo stile vittoriano) e per rendervene conto, vi rimando alla cronistoria del vestito da cameriera disegnata da Ray Tatsumi, dalla quale si capisce che le divise scolastiche femminili giapponesi si sono pure ispirate al costume occidentale da cameriera.Tuttavia Masaaki ha dichiarato a Grapee che i suoi prodotti non sono solo per maid café e idols (cantanti pop giapponesi) ma anche per coppie che vogliano mettere un po’ di pepe alla loro vita sessuale, per questo le foto sul loro sito sono così provocanti. Il suo design è così elegante e vezzoso che è impossibile resistere!

Io nel costume da cameriera più gettonato su Internet: un misto tra cameriera francese, austriaca e corsetto di Burlesque

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