Il solstizio d’estate è una delle più importanti feste pagane dell’anno. Si festeggia il 21 giugno quando l’asse terrestre raggiunge il massimo grado di inclinazione rispetto al sole. Il sole sembra fermarsi (sol stetit in latino, “il sole si ferma”) dal punto di vista terrestre e questo è il suo effetto tangibile sulle ore di luce. Dopo il terzo giorno la stella inizia a scendere, le ore di luce del giorno si accorciano, in una discesa che termina il 21 dicembre, solstizio d’inverno.
L’acqua guaritrice e il fuoco purificatore sono due elementi cardine di questa festa. L’acqua la troviamo nei riti divinatori, nella guazza di San Giovanni (24 giugno) e nel bagno rituale. Il fuoco nei falò che vengono accesi per potenziare il sole e nelle erbe bruciate. In tutto il mondo la ricorrenza è associata alla fertilità e alla sessualità. D’altronde, nella tradizione antica romana, giugno molto probabilmente deriva il Iunius da Giunone, la dea dei matrimoni e rimane ancora il mese per eccellenza per celebrare questa cerimonia.
In Sardegna le coppie del Solstizio d’Estate erano chiamate Compari e Comari di San Giovanni. Il rito prevedeva l’offerta di vasi di germogli di grano e aveva inizio a marzo quando un ragazzo del villaggio si presentava ad una ragazza chiedendole di diventare sua comare (fidanzata). L’invito veniva in genere accettato e una settimana dopo la ragazza realizzava un vaso di sughero, lo riempiva di terriccio e ci piantava i semi di frumento e orzo. Per Mezzaestate (ovvero 21 giugno) i semi maturavano e davano vita a germogli di grano. La coppia abbigliata a festa si recava con un corteo di adulti e bambini alla chiesa del villaggio e scagliava il vaso contro la sua porta. Poi tutti si sedevano sull’erba per fare una merenda di uova e erbe passandosi un bicchiere di vino. In seguito si prendevano per mano e ballavano fino a sera cantando Compare e Comare di San Giovanni accompagnati dai flauti.
Quando Roma era sotto il dominio papale, le giovani spose che desideravano molti figli si davano ad un lavacro propiziatorio accucciandosi sulla rugiada dell’erba umida delle campagne. A questa usanza partecipavano anche gli uomini con risvolti che possiamo facilmente immaginare. Infatti nel 1753 un editto vietò la pratica ma fu ritirato due anni dopo.