La perenne schiavitù di Hannah Cullwick

“Cosa stai facendo?”, disse l’uomo ritirando la scarpa dal volto della donna con un’ombra di disgusto. “Ti sto leccando”, rispose lei in stato confusionale. “Ora sei mia moglie, non devi fare più queste cose”, le disse stizzito. Hannah si rabbuiò, sembrava un’idra irta di serpenti. Si avvicinò al tavolo degli alcolici e si riempì il bicchiere. “C’è qualcuna che è già la tua serva vero?”, si massaggiò nervosamente la manica del vestito che nascondeva il bracciale di cuoio. “Non dire stupidaggini”, le intimò Arthur con nervosismo crescente. “Magari Ellen, andate così d’accordo insieme”, continuò Hannah imperterrita. Ellen era sua sorella e da quando si era installata a casa loro conversava amabilmente con Arthur. Bevve d’un fiato il contenuto alcolico del bicchiere. “Vai a quel paese, stronzo”, sputò verso di lui cogliendolo alla sprovvista. Arthur si alzò dalla poltrona dove era seduto a leggere il giornale e fu aggredito da una gragnola di spregevoli insulti. Hannah aveva il volto arrossato, gli occhi spiritati e non era più bella come prima. Era ora di prendere una decisione.

Hannah Cullwick

Hannah Cullwick nacque nello Shropshire il 26 maggio 1833 da persone povere. Il padre, alcolista, maltrattava madre e fratello ed Hannah si trovava spesso a dover fermare le sue violenze. Ad otto anni iniziò a lavorare come serva in famiglie aristocratiche e borghesi, nelle quali venne caricata di lavori pesanti ed umilianti. Scoprì presto che la dura fatica le piaceva, dato che era forte e robusta. A quattordici anni arrivò a Londra, in cui comprese la bellezza di  spalare il carbone, portare pesi, fare la sguattera in cucina e la contadina quando le famiglie per cui lavorava andavano in vacanza in campagna. Nella stessa città, il giorno del suo compleanno, fu abbagliata dal teatro. Rimase affascinata dal Sardanapalus di Lord Byron. La colpirono in particolare le parole della schiava Mirra, amante del re Sardanapalo, che vorrebbe farne la sua sposa: “Padrone, io sono la tua schiava”. Nella sua testa questo diventò il suo ideale di relazione perché annotò nel suo diario: “Ho pensato se mai dovessi amare qualcuno, è questo che vorrei: che lui sia sopra di me e io sua schiava”.

Arthur Munby

Scovò il suo Sardanapalo nella figura di Arthur Munby, un gentiluomo inglese che la adescò, sempre nel giorno del suo compleanno un anno dopo la pièce teatrale, mentre stava tornando dai signori dove prestava servizio. Munby doveva diventare avvocato per volere del padre, ma la sua vera passione era la poesia unita ad una smodata mania per le donne lavoratrici, che a volte pagava per farsi raccontare le loro mansioni o scattare una foto con la scusa dell’interesse socio-antropologico. Quest’ultimo era uno dei pretesti più usati per la produzione di fotografia pornografica ottocentesca. Hannah e Arthur si trovarono subito negli intenti ed iniziarono una relazione nascosta, dato che appartenevano a due classi sociali diametralmente opposte. Comunicavano attraverso la scrittura i loro desideri, organizzavano incontri furtivi nella stanza presa in affitto da lui a Temple, si davano appuntamenti in pubblico in cui fingevano di non conoscersi per aumentare il desiderio. La pratica feticista più amata dalla coppia era cospargere Hannah di olio e piombo sulla pelle per sembrare o un qualcosa di lurido, come uno spazzacamino, o di esotico, come le donne medio orientali, considerate conturbanti all’epoca. La pulitura del camino avveniva con Hannah nuda e un solo sacchetto in testa. Come atto rituale di ogni incontro, Hannah sgusciava da Arthur e gli leccava ripetutamente gli stivali in segno di sottomissione. Cominciò ad indossare un bracciale di cuoio al polso e una catena al collo, di cui solo lui aveva la chiave, come simbolo di appartenenza al suo padrone. Hannah era orgogliosa ma si piegava al volere di Munby perché le piaceva essere umiliata. I suoi segni di fatica erano simboli di amore e sacrificio per Arthur. Il loro godimento consisteva nello spingersi agli estremi resistendo finché potevano alle tentazioni per aumentare l’eccitazione sessuale.

Oltre alle pratiche reali, usavano come sfogo dei loro desideri la fotografia. Un fotografo professionista scattava foto ad Hannah vestita nelle mise più disparate: domestica, contadina, signora, ragazzo androgino, Maria Maddalena e molte altre. Le scarpe e le ginocchia di Munby apparvero solo in due scatti. Hannah avrebbe voluto vestirsi da uomo anche nella realtà per stare accanto ad Arthur più facilmente ma non sarebbe mai accaduto. Per il resto, Hannah ebbe carta bianca, perché era lei la vera regista della performance dietro la lente. Questo a dimostrazione che lo schiavo non è passivo nel BDSM, ma attivo, e può esistere uno “scambio” di ruoli col suo dominatore. Arthur richiese anche molte foto delle mani della sua serva preferita, grosse e callose. Il terzo sguardo di un estraneo che osservava la loro ossessione aggiungeva ulteriore eccitazione alla loro passione fotografica. 

Dopo quindici anni di relazione, Munby volle sposare Hannah. Comprò una licenza di matrimonio che permetteva di celebrare le nozze senza sparare mortaretti, ma il padre prese male la notizia e gli vietò di comunicarlo alla madre. Andarono quindi a convivere insieme, Hannah si finse domestica celando il fatto di essere una coppia a vicini e domestici. Finalmente convolarono a nozze il 14 gennaio 1873. Il matrimonio rovinò la loro relazione BDSM mettendo sullo stesso piano i loro ruoli. Hannah non era abituata a fare nulla e si diede al bere come suo padre. Iniziò ad essere gelosa della sorella Ellen che viveva in casa con loro e aveva instaurato un buon rapporto con Arthur. Al culmine di una crisi generata dall’alcool, in cui ricoprì suo marito d’insulti, fu spedita in campagna con la complicità del medico di famiglia. Hannah non torno più a Londra e Munby la visitò ogni tanto. Continuarono però a farsi fotografie fino alla morte di lei nel 1909. Arthur la seguì l’anno dopo. Donò foto, diari e scritti al Trinity College di Cambridge in scatole che avrebbero dovuto essere aperte solo il primo gennaio del 1960.

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