Tenere il potere in bocca

chili

Vanity Fair (2004)

 

“Le donne non conoscono abbastanza il loro potere! Se lo sapessero!” – Emile De Girardin a Jeanne de Tourbey, nota cortigiana dell’Ottocento

Il potere sessuale è l’unica forma di potere che la donna ha avuto fino alla sua accettazione nei diversi campi lavorativi. Il matrimonio e il monastero erano delle prigioni nel quale tenere a bada gli esemplari femminili fino alla morte. L’unica alternativa concreta per fare strada era prostituirsi per ottenere un’agiatezza economica. “Perchè mi sono venduta? Perchè un lavoro onesto non mi avrebbe mai dato il lusso di cui avevo un desiderio sfrenato.”, ammetteva Marie Duplessis, la famosa Signora delle Camelie di Dumas figlio. Anche le artiste non sposate o non facoltose, erano costrette a donarsi a chiunque per andare avanti nella loro arte. Per quanto la storia delle cortigiane sia stata romanzata nei secoli, questo non cambia la natura del loro mestiere: accumulare soldi per la sopravvivenza (se ci pensate, è lo scopo di ogni lavoro). La loro abilità nell’essere mantenute consisteva nella loro capacità di mantenere l’interesse dell’uomo che le finanziava. Per questo motivo, non era possibile averne uno solo, ma diversi, come delle pratiche ruote di scorta. Le moderne “amanti” del potere non sarebbero in grado di avere la loro stessa scaltrezza che non necessariamente fa rima con avidità. Il concetto stesso di cortigiana è difficilmente praticabile nell’epoca odierna, tra la concorrenza di escort e sex worker al passo con i tempi, anche se non impossibile.

Il prototipo per antonomasia nasce nell’Antica Grecia con Aspasia, l’amante di Pericle, lo statista di Atene. Lei lo ispirò nella politica con la sua intelligenza, calamita di persone di pensiero attorno alla sua casa, che divenne un fervente centro intellettuale. Aspasia era un’etera, la categoria più alta di prostituta, che aveva il compito di stimolare i propri fruitori con la mente. Madame de Pompadour rimase nella corte di Luigi XV anche dopo la conclusione della loro relazione, indottrinava le sue future amanti, ebbe un notevole peso politico nelle decisioni del sovrano e fu incolpata per la disastrosa Guerra dei Sette Anni. È solo però a partire dall’Ottocento che il concetto di cortigiana inizia ad essere attribuito a donne che si fanno mantenere dai potenti al di fuori dalla corte. Cominciavano povere ed erano ricoperte di diamanti nella loro rapida ascesa. Con quali strumenti riuscivano in questa capricciosa arte?

Per avere gli uomini era necessario attentare al loro sguardo. Céleste Vénard, detta Mogador, portava abiti scollati fino alla vita per far vedere il seno. Cora Pearl si presentò ad una prima teatrale in gonna rosa e volant viola, sostenuta da un corsetto scollato dal quale spuntavano due fiori d’argento. Marguerite Bellanger era sboccata nelle parole ma elegante nell’aspetto. Marie Duplessis intimidiva gli astanti nel suo atteggiamento da giovane aristocratica. Spesso dettavano le mode del momento con i loro vestiti sgargianti. Cora comprava gli abiti da Worth, il primo stilista moderno, si tinse i capelli da rosso a biondo, si scurì la pelle; Céleste inventò il cancan e lo chignon sul punto di sciogliersi; Lola Montez fu la prima donna ad essere fotografata con una sigaretta in bocca.

Esercitavano un certo ascendente politico come Jeanne de Tourbey, la Signora delle Violette, alla quale Proust si ispirò per il personaggio di Odette ne “Alla Ricerca del Tempo Perduto”. Consigliava e favoriva la scalata politica. Il suo salotto era il cuore della destra intellettuale francese nella seconda metà dell’Ottocento. Apollonie Sabatier era la paladina degli artisti più famosi dell’epoca, per questo chiamata la Presidentessa. A casa sua Théophile Gautier, Victor Hugo, Gustave Flaubert, Charles Baudelaire potevano essere veramente se stessi, lasciando andare ogni tipo di inibizione verbale.

Il corpo, la sensualità e tutto ciò che fosse fuori dalla norma delle “donne per bene”, come uno spirito pronto e una mente brillante, attiravano giornalisti, scrittori, letterati e governanti. Questi non avrebbero sposato o avuto relazioni durature con quelle donne e perciò potevano permettersi di adorarle. E l’unica forma d’adorazione che una cortigiana in genere proveniente da un ceto basso capiva era il denaro. Diamanti, gioielli, case, soldi liquidi, i beni materiali le conquistavano. Ben consapevoli della volubilità della passione, avevano più di un protettore e molti amanti. Possedevano un libro di conti dove registravano i pagamenti. Blanche d’Antigny teneva anche una Lista degli Amanti Poveri. Chi non pagava, era abbandonato a se stesso senza convenevoli. Essere cortigiana era un mestiere, a volte ricoperto da una superficie artistica.

L’amore poteva essere la fine della loro carriera o l’inizio della loro rovina. Una donna avveduta cercava di ottenere un titolo, possibilmente prima dei trent’anni, “età del tramonto” nella sua professione. Lola Montez succhiò tutte le amorevoli energie di Ludovico II di Baviera per il titolo di contessa. Altre si erano sposate per averlo, altre ancora avevano accumulato beni e avevano gestito con oculatezza il loro patrimonio. Di frequente si chiudeva il cerchio così come si era iniziato: in povertà. La più grande risorsa di una cortigiana era l’aspetto fisico e quando questo sfumava, le ore pubbliche erano contate.

Tenere il potere in mano, in bocca, nella vagina e nell’ano era ed è una sensazione fugace quanto una stella cometa che brucia nella notte. Non si riesce ad afferrarla che è già svanita.

 

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