Quando leggevamo Dante e ridevamo sul suo viaggio all’Inferno, ci piaceva pensare che si fosse perso all’inizio nella selva oscura di Beatrice. Forse non ci allontanavamo tanto dalla realtà, le donne medievali non rimuovevano i propri peli dalle parti intime a quanto pare.
Oggi il termine “selva oscura” riferito al crine della vagina è pronunciato con disprezzo da uomini e… donne. Ricordiamoci che noi siamo le prime detrattrici di noi stesse. Ci guardiamo e ci disprezziamo, perchè ci hanno insegnato sin da piccole che dobbiamo essere perfette. Nessun capello fuori posto e, di conseguenza, nessun pelo fuori posto.
Cominciamo a togliere i peli pubici nell’adolescenza non per una questione di “piacere” all’altro sesso che ancora si sta ammazzando di seghe, ma per noi stesse. Ci sentiamo guardate e giudicate dal nostro identico genere negli spogliatoi. Ci svestiamo di fretta e contro il muro o accucciate e timorose. Come se stessimo in castigo. Senza sapere che nessuno in realtà ci osserva, dato che siamo troppo occupate a stare nei nostri piccoli mondi ansiosi.
Il pube cespuglioso è la prima caratteristica che ci salta all’occhio ogni volta che abbiamo la sventura di guardarci allo specchio. Crescendo acquisiamo più sicurezza, soprattutto se sperimentiamo delle esperienze sessuali positive che ci aiutano ad amare il nostro corpo.
Il boschetto però rimane sempre qualcosa di selvaggio, ribelle. E viene erroneamente considerato sporco. Quindi vai di ceretta brasiliana, strappiamoci tutto per assomigliare alla superficie di un costume. I capri espiatori di questa “moda” sono le sorelle estetiste brasiliane che a fine anni Ottanta si dice l’abbiano rilanciata a Hollywood, Carrie Bradshaw che le si sottopone ignara ad inizio 2000 in Sex & City, il porno mainstream che sottolinea la performance sessuale nuda e cruda, il lolitismo maschile, le modelle di Victoria’s Secret.
La glabrezza delle parti intime esiste sin dall’Antico Egitto. Gli Egiziani non sopportavano follicoli piliferi di qualunque tipo. Si rasavano la testa e indossavano parrucche. E applicavano ceretta di zucchero alle parti intime. Il caldo fa prendere decisioni drastiche. Stessa storia per Greci, continui inseguitori di perfezione, e per Romani, loro imitatori. Per questi ultimi si trattava di distinguersi dai barbari, popolazioni non civilizzate.
Il pube intonso torna a più riprese nel corso della storia. Nei paesi mediorientali e in Turchia, era sinonimo di pulizia e di rispetto nei confronti dello sposo.
Le condizioni del corpo della donna però rispecchiano sempre la sua condizione nella società in cui vive. Più è modificato e carico di monili, più questa è asservita. Far crescere i peli ovunque ci rende simili all’uomo. E’ per questo che le femministe degli anni Settanta protestavano “abbrutendosi” per ottenere parità di diritti.
Dicono che il pelo stia tornando con furore dopo gli ingioiellamenti del vajazzling e il vajacial, ma sfogliare il libro Plush di Marilyn Minter ci fa arricciare il naso come se guardassimo un porno zoofilo. La fotografa ha dovuto aspettare che certe modelle facessero ricrescere i propri peli. L’intento è glamorizzare il manto. Se ci è riuscita o meno, la “verità” sta nell’occhio di chi guarda.
Togliersi i peli pubici è una questione personale che può sfociare nel politico. D’altronde bisogna fare quello che ci fa stare bene, non quello che ci viene imposto. Se un partner ci intima di rimuoverli completamente perchè schifato, è stupido. Chi assaggia con riserve è come chi fa lo schizzinoso a tavola, una persona inaffidabile. La voglia non la ferma nessuno. Nemmeno la foresta inquietante di Twin Peaks.