It ends with us – Pro e Contro di un Romance sulla violenza domestica

Pochi di noi si sarebbero interessati a “It ends with us – Siamo noi a dire basta” se non ci fosse stata un’epica battaglia legale tra i due attori protagonisti, Blake Lively e Justin Baldoni. In questo post non entrerò nei dettagli della vicenda giudiziaria ma vi consiglio a riguardo gli “spiegoni” brevi de L’ora del Tè e quelli lunghi di Iris Babilonia, che si completano a vicenda e vi danno un buon excursus. Il romance è un genere che sta spopolando negli ultimi anni e Colleen Hoover è molto brava nella sottocategoria “slow burn”, quando i sentimenti si sviluppano gradualmente nel tempo. Tuttavia, con questo romanzo del 2016 fa uno strappo alla regola e il ritmo della storia d’amore è più veloce per narrare un tema scottante: la violenza domestica. L’autrice prende spunto dalla storia di sua madre, Vannoy Fite, che lasciò il padre violento per vivere una vita migliore quando lei e sua sorella erano piccole. Passarono due anni di stenti a fagioli e mac’n’cheese prima di trovare di nuovo un equilibrio economico e familiare. Peccato che nell’opera la protagonista, Lily Bloom, abbia una schiera di “aiutanti” che le fanno da cuscinetto ai traumi peggiori, facendo perdere il polso della realtà in alcuni punti della narrazione. Il drama del libro ha generato un sequel, “It starts with us”, per raccontare la relazione sana con Atlas Corrigan.

Ryle Kincaid (Justin Baldoni) e Blake Lively (Lily Bloom)

Trama

La ventitreenne Lily Bloom (Blake Lively) è stufa del suo lavoro in una grande azienda di marketing di Boston e desidera avviare l’attività dei suoi sogni, un negozio di fiori. Al ritorno dal funerale del padre Andrew (Kevin McKidd), abuser nei confronti della madre Jenny (Amy Morton), sale sul tetto di un edificio di Boston vicino al suo e si accoccola sul davanzale. Qualche minuto dopo, apre all’improvviso la porta delle scale un uomo che dà un forte calcio a una sedia di plastica sul terrazzo. Si guardano ed è subito attrazione. I due cominciano il gioco delle “nude verità” dove da perfetti estranei si confessano più del dovuto. Ryle Kincaid (Justin Baldoni), questo il nome dell’uomo vicino ai trenta, confessa a Lily di voler far sesso con lei ma la ragazza ribatte che non è una tipa da una sola notte. Ryle, neurochirurgo, deve scappare in ospedale e i due si lasciano con l’amaro in bocca.

Lily assume una dipendente, Allysa (Jenny Slate), che presto scopre essere la sorella di Ryle. I due si rincontrano ed iniziano a frequentarsi. La storia inizia a farsi seria quando Lily si imbatte in Atlas Corrigan (Brandon Sklenar), sua vecchia fiamma delle superiori con cui ha un rapporto speciale, che nel frattempo ha aperto un ristorante. Sembra che la convivenza con Ryle proceda nel migliore dei modi quando cominciano gli episodi di abuso. Il primo deriva da un fatto realmente successo tra la madre e il padre dell’autrice: Ryle si scotta con una teglia nel forno e dà una manata a Lily che cade a terra e si ferisce. Subito si scusa come poi farà altre volte, mano a mano che gli episodi diventeranno più gravi. Una sera, al ristorante di Atlas, Ryle capisce che lui è l’ex di Lily e si prendono a botte. Così il giorno dopo Atlas lascia il suo numero alla ragazza in caso di emergenza, ben consapevole del pattern della mamma che si sta ripetendo nella vita della figlia. Lily si sposa a Las Vegas con il suo abuser e scopre di essere incinta mentre la loro relazione va in pezzi. Riuscirà a fare la scelta giusta per lei e sua figlia Emerson?

Lily Bloom con Atlas Corrigan (Brandon Sklenar)

Pro – Gli strumenti per analizzare la violenza

Un romanzo rosa che riconosce la violenza domestica come pericolosa e non sexy è una manna dal cielo. Questo genere è spesso sottoposto a critiche per legittimare la violenza sessuale come una normale pratica erotica ma per fortuna al suo interno ci sono buone opere che bilanciano le derive più estreme. It ends with us è un tentativo di raccontare in modo realistico come si sente una donna in una relazione violenta con una persona di cui è innamorata. Nel libro, il discorso della mamma di Lily, Jenny, dopo aver scoperto che la figlia si è trovata in una situazione simile alla sua, è veritiero: “Tutti abbiamo un limite. Quello che siamo disposti a sopportare prima di arrivare al punto di rottura”. Lei credeva di sapere quale fosse, ma piano piano ad ogni “incidente” lo spingeva sempre più in là. “Ogni volta che decidi di rimanere, rende più difficile andartene la volta successiva. Alla fine perdi di vista completamente il tuo limite perché cominci a pensare: ‘sono durata cinque anni ormai, cosa sono altri cinque?'”. E le dice che Ryle non la sta amando nel modo giusto che merita. Se veramente la ama, la deve lasciare andare per non farle più del male.

Da incorniciare anche le parole di Lily a Ryle alla fine del libro quando lui stringe tra le braccia la loro figlia neonata e lei le chiede il divorzio senza mezzi termini. Alle sue proteste, risponde: “Che cosa faresti se un giorno questa bambina ti dicesse ‘Papà? Il mio ragazzo mi ha picchiato”. Oppure che il marito l’ha buttata giù dalle scale o l’ha stuprata. Ryle la prega di fermarsi con gli esempi ma alla fine replica: “La pregherei di lasciarlo. Le direi che merita molto meglio. E la pregherei di non tornare indietro, non importa quanto lui la ami“. Un uomo fin troppo consapevole del suo problema e, purtroppo, questa spesso non è la norma. Eppure penso che nei libri, come sul grande schermo, dobbiamo trovare anche degli esempi di come ci si comporti in modo corretto perché spesso le persone non hanno idea di come rispettare gli altri o non vogliono intraprendere un percorso dallo psicologo. La narrativa non può essere un manuale di auto-aiuto ma può fornire gli strumenti giusti di analisi.

Lily Bloom e Ryle Kincaid

Contro – Stare insieme prima del parto

Ci sono delle grandi differenze tra la storia vera della mamma dell’autrice e quella del suo personaggio. Nella vita di Lily ci sono tanti aiutanti: Atlas, Allysa, Jenny. La madre di Hoover ha divorziato quando le figlie erano piccolissime e aveva solo se stessa su cui contare. All’epoca non c’erano rifugi per survivor e poco sostegno da parte del governo statunitense. Era una mamma single senza laurea. Il mondo di Lily Bloom, nonostante si tinga di inquietudine e terrore soprattutto nella seconda parte, rimane abbastanza inverosimile. Anche la velocità della ragazza nel perdonare Ryle solo perché lo ha amato e ci sta facendo una bambina non è convincente.

La scelta più discutibile della finzione, però, rimane far vivere il personaggio di Ryle con Lily nei suoi ultimi giorni di gravidanza. Come è possibile che un uomo violento cambi il suo comportamento privo di sostegni psicologici o non sia controllato da una terza persona? Mi sembra assurdo e anacronistico di fronte alle botte per la teglia calda, la gelosia cieca per Atlas, la spinta giù per le scale e la ferita all’occhio di lei. Come si può pensare che non le faccia più del male solo perché è incinta? Addirittura la accompagna all’ospedale dopo averla vista seminuda con la pancia di fuori e averle detto che è bellissima. In questa parte la storia è troppo edulcorata e poco credibile.

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