Jk Haru – Sex Worker in Another World, recensione di un manga ancora in corso

Mi sono imbattuta per caso in questo manga nella mia fumetteria di Roma ed è stato amore a prima vista. Innanzitutto per il tema sex working che in un isekai (manga dove il protagonista viene catapultato in un universo parallelo) non è affatto scontato. Jk Haru – Sex Worker in Another World, edito in Italia da Hikari, è tratto da un romanzo web pubblicato tra l’ottobre 2016 e il dicembre 2017 da Ko Hiratori su un sito destinato ad un pubblico femminile. La liceale Haru Koyama finisce sotto un camion assieme al suo compagno di classe Chiba Seiji che tenta di salvarla abbracciandola. I due muoiono e vengono catapultati in un altro mondo fantasy, medievale e misogino. Mentre Chiba si guadagna da vivere uccidendo mostri, Haru sbarca il lunario nel bordello Gatto Blu Notturno in cui c’è l’ecciterba, un’erba contraccettiva che permette di lavorare no stop. Haru in realtà si era già prostituita per un periodo a Tokyo ed è perfettamente a suo agio nella sua professione. È lei la vera eroina del manga che pare essere tutta d’un pezzo, ma ha anche le sue “debolezze”: l’amore per i suoi affetti, in questo caso le amiche colleghe.

Rispetto agli altri isekai, uno su tutti il famoso Inuyasha, quest’opera ha un’atmosferapiù seria di quanto sembri. Affronta diverse tematiche che non ho incontrato così spesso in questo genere come l’indipendenza economica femminile, il dipingere il sex working come un mestiere rispettabile e la denuncia dei rapporti tossici. Senza spoilerarvi molto, vi dico solo che Haru non è per nulla asservita al protagonista maschile e si muove sempre in un’atmosfera di sorellanza femminile molto salutare. Nel quinto volume le disavventure che succedono a lei e ad una sua amica portano a riflettere su quanto il corpo della donna non sia rispettato quando si lavora con il sesso. Il ritmo del fumetto è coinvolgente e l’attenzione non cala mai. Per quanto riguarda la rappresentazione degli atti sessuali, che sono molto vivi e raccontati sia in positivo che in negativo, valgono le solite regole della censura giapponese: gli organi sessuali non sono rappresentati o sono ombre nere stilizzate.

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