Martedì 17 dicembre Luigi Mangione è stato incriminato per omicidio dal tribunale di New York, dove è stato estradato dopo l’arresto in Pennsylvania. Il 4 dicembre ha ucciso di spalle con una ghost gun, una pistola fatta con la stampante 3D munita di silenziatore, il ceo di UnitedHealth Care, Brian Thompson, grande compagnia assicurativa sanitaria americana, sulla Sixth Avenue di Manhattan. Il 9 dicembre, quando è stato identificato e arrestato, la sua foto ha fatto il giro di web e social scatenando la follia mediatica. Mangione è bello, attraente, atletico e il suo è un gesto di rivalsa nei confronti di una società ingiusta. Ha recensito positivamente su Goodreads il Manifesto di Unabomber (Theodore Kaczynski) – creandone anche uno proprio – e ha dovuto sottoporsi a un doloroso intervento alla schiena per la spondilolistesi, che sembra essere stato l’origine del malcontento verso la società. Il ragazzo non appartiene a una classe povera ma a quella dirigente degli Stati Uniti. Fa parte della dinastia immobiliare di Baltimora, fondata da suo nonno Nicholas, e si è laureato alla Penn University che appartiene alla prestigiosa Ivy League.
Luigi Mangione è un bandito sociale, Ted Bundy è stato un serial killer. Cosa hanno in comune? La fanbase. Lə cheerleader dell’ultima ora che lo adorano come se fosse un santo nonostante sia ritenuto colpevole di ben undici capi di accusa tra cui omicidio volontario di primo grado, pianificato e mirato per provocare “shock, attenzione e intimidazione”. Rischia l’ergastolo senza possibilità di ottenere la libertà condizionale. Ted Bundy si macchiò di più di trenta femminicidi. Era bello, affascinante, intelligente e, soprattutto, nessuno sospettava di lui. Gli amici di Ted rimasero esterrefatti quando venne condannato per omicidio ma non la fidanzata dell’epoca, Elizabeth Koepfler, che aveva notato delle incongruenze nel suo modo di fare e lo aveva riportato per prima alla polizia. Gli assassini efferrati non scalfirono l’interesse della sua futura sposa, Carol, e delle altre groupie in aula ai suoi processi.
Mangione è stato oggetto di una vasta gamma di merchandising sul web da quando è stato arrestato (la maglietta “But Daddy I Love Him” si spiega da sé) e una sua foto è stata attaccata come puntale su un albero di Natale. Sono già stati commissionati due documentari sulla sua vicenda. Sia Ted che Luigi si sono dichiarati innocenti ma poi il primo ha confessato tutto negli ultimi giorni di vita. Bundy si credeva così al di sopra degli altri che difese se stesso in tribunale solo per aver frequentato una scuola di legge in Utah senza mai laurearsi. Mangione ha gridato nel momento in cui è stato portato in prigione “un insulto all’intelligenza del popolo americano”, secondo, però, i poliziotti non avrebbe opposto resistenza all’arresto dopo una fuga di cinque giorni.
L’ibristofilia, quando ci si innamora del cattivo ragazzo dietro alle sbarre
Perché le persone provano attrazione per i “cattivi” sociali? Perché sono in cattività. È una parafilia chiamata ibristofilia: l’attrazione sessuale e mentale di tipo morboso verso persone che hanno commesso crimini di varia natura. Il termine è stato coniato nel 1986 dallo psicologo e sessuologo neozelandese John Money che ha usato le parole greche “hubrizein”, “commettere un oltraggio verso qualcuno”, e “philo”, “forte affinità/preferenza per”. È una tendenza più femminile che maschile per il fatto che i criminali sono statisticamente più uomini che donne e che queste ultime sono educate ad essere sottomesse al bad boy. Questa tendenza è incentivata dai media di oggi che hanno un grande ruolo a ingigantire e romanticizzare figure negative.
In genere, sono preda di ibristofilia quelle persone che hanno avuto un partner, un padre, un fratello o altro parente dominante/abusante nella loro vita. Sono state vittime di abusi sessuali o fisici nella loro infanzia e tendono a ricreare quella situazione con una persona detenuta che però si trova al di là delle sbarre e non può farle più del male. Altri motivi possono essere la Sindrome della Crocerossina, che fa provare gratificazione nel vedere l’altro “salvo” per merito dei suoi sacrifici e del suo aiuto, il desiderio di essere parte della vita di una persona famigerata e famosa (narcisismo passivo), l’autolesionismo. A me ricorda molto la dinamica delle relazioni tossiche con persone sfuggenti, spesso scelte perché non creano problemi nella propria quotidianità fino a che non si pretende nulla da loro. Un topos molto presente in alcuni romance, manga e film.
Non si tratta di persone “matte”
Non sono persone fuori di testa quelle affette da ibristofilia. Se avete apprezzato almeno una volta il fisico di Luigi Mangione, capite bene la sensazione. Sono impiegate, hanno una casa e una famiglia. Ma le relazioni che intraprendono con criminali detenuti, per la maggior parte delle volte solo epistolari, le consentono un certo controllo sulla relazione che le protegge da qualsiasi tipo di delusione. Un’illusione, dato che i carcerati corrispondono anche con altri individui con cui possono intrattenere rapporti sentimentali/sessuali.
In Usa hanno ricevuto attenzioni morbose da quelle che vengono chiamate “serial killer groupies” Charles Manson, Richard Ramirez, Jeffrey Dahmer. Ted Bundy si è sposato in aula di tribunale con la sua più accanita sostenitrice, una ex collega di lavoro, Carole Ann Boone con cui ha avuto la figlia Rose. Quando Ted ha confessato i femminicidi prima di essere condannato a morte, ha smesso di fargli visita con la bambina e ha divorziato da lui sparendo dai radar dei media. In Italia hanno ricevuto lettere da ammiratori Pietro Maso, Renato Vallanzasca, Benno Neumair. Erika Di Nardo, colpevole insieme al fidanzato Omar Favaro della strage di Novi Ligure, allacciò in prigione una relazione con un ragazzo conosciuto tramite lettere.





