Un documentario che vi consiglio, veramente “empowering” è quello su Diane von Furstenberg su Disney+, “Diane von Fustenberg – Woman in charge“. Fashion designer per caso e ex moglie di Egon von Fürstenberg, inventò il “wrap dress” grazie ad un’intuizione ispirata dalla figlia di Richard Nixon, Julie Nixon Eisenhower. Perché parlo di lei? Perché il sesso e l’essere sexy hanno sempre fatto parte del suo brand sin dagli albori, ad inizio anni Settanta. Inoltre, secondo la femminista Gloria Steinem “non cercava di diventare l’unica donna di un club maschile, cercava di cambiare l’intera natura del club”. Ha avuto numerosi flirt nella sua intensa vita notturna, tra cui Warren Beatty e Richard Gere, ma rifiutò clamorosamente Mick Jagger e David Bowie, interessati a una cosa a tre con lei.
Il matrimonio con Egon von Fürstenberg
Belga di origine ebrea, Diane sposò molto giovane il principe tedesco Egon von Fürstenberg, figlio di Clara Agnelli e Tassilo von Fürstenberg. Per la mamma di Diane, Liliane Nahmias, che era sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz durante la seconda guerra mondiale, la figlia era la rivincita contro un mondo che l’aveva privata della sua umanità. Il matrimonio tra i due fece scalpore per origini e nazionalità ma questo fu presto dimenticato per la personalità prorompente di Diane che riuscì a farsi strada in un mestiere completamente sconosciuto per lei, quello della fashion designer.

La lista di uomini conquistati
Lei ed Egon facevano furore dentro e fuori dal letto entrambi con uomini e donne, ma alla fine Diane divorziò da lui dopo tre anni perché il marito aveva molti flirt, soprattutto con uomini, oltre ad avere un partner maschile fisso durante il loro matrimonio. Una volta lontana dal titolo di principessa, la socialite e stilista si buttò nei party della New York degli anni Settanta. Una sua particolarità è di non aver fatto mistero della lista di uomini con cui è andata a letto, nemmeno ai figli, come si capisce dalle battute del primogenito Alexandre nel documentario. ” Vi ha dato la lista?” domanda ai produttori, divertito. Loro rispondono: “Sì, ce l’ha data”. Alexandre ride e dice: “Ne va fiera!” Racconta: “In base al periodo, c’era un modello, una star del cinema o chiunque altro nella sua stanza quando andavo a salutarla prima di andare a scuola. Non mi sconvolgeva mai”.
“Sono stata sia con Warren Beatty che con Ryan O’Neal nello stesso weekend, – riferisce Diane – che ve ne pare?” È stata anche con un giovanissimo Richard Gere, definito “carino”. Un giorno, arrivarono Mick Jagger e David Bowie, giovani e all’apice della loro carriera da rockstar, che le proposero: “Bè, magari potremmo divertirci tutti e tre insieme”. Diane pensò che era un evento che avrebbe potuto raccontare ai suoi nipoti, ma poi osservandoli seduti sul divano ci ripensò e rispose: “Ragazzi, io vi adoro ma credo che dovrete cercare altrove”.
Il wrap dress
A Cortina d’Ampezzo incontrò Angelo Ferretti, proprietario di una stamperia tessile a Como, che faceva sciarpe per Gucci, Ferragamo, Valentino e altre grandi marche. L’imprenditore la invitò nella sua fabbrica, anche con secondi fini sessuali, ma Diane era solo interessata al suo lavoro. La ragazza pensò che l’idea di Angelo di fare magliette stampate in jersey non fosse niente male e cominciò a lavorare col suo modellista. Nella forma si ispirò ai top a portafoglio delle ballerine di danza classica (gli scaldacuore) e quindi creò un top a portafoglio con una gonna abbinata. Non voleva fare la stilista, ma solo provare a vendere qualche campione per vedere come andasse la ricezione del suo prodotto. “Non credo che avessi una vocazione per la moda. Io avevo una vocazione per essere una donna al comando – confessa la stilista – La moda divenne un modo per riuscirci”.
Grazie ad Egon, che era anche lui stilista, Diane riuscì ad arrivare alla direttrice di Vogue America negli anni Settanta, Diana Vreeland, che le diede appuntamento per mostrare i campioni realizzati con l’aiuto di Ferretti. Vreeland rimase entusiasta dei suoi modelli e la sua assistente disse a Diane che l’avrebbe aiutata a lanciare la sua azienda perché, come avrebbe spiegato in seguito la stessa giornalista, le aveva presentato un prodotto finito e non solo un’idea. Un giorno, Diane vide in tv la figlia di Nixon che difendeva il padre nel caso Watergate e si accorse che indossava il suo top a portafoglio con una gonna abbinata. Così ebbe l’illuminazione di trasformare il suo concept nel vestito che sarebbe diventato il “wrap dress”. Annunciò l’invenzione su Women’s Wear Daily con una foto di se stessa che lo indossava appoggiata ad un cubo bianco con la sua scritta a mano: “Feel like a woman, wear a dress (Sentiti come una donna, indossa un vestito)”.
Il vestito ebbe un successo inimmaginabile, divenne l’incarnazione della donna indipendente e sexy. Era venduto alla modica cifra di 86 dollari, un prezzo mai più ripetuto. Negli anni Settanta le donne si dovevano vestire con completi da uomini (giacca, camicia e pantaloni lunghi) per essere prese sul serio. Il wrap dress era l’opposto, trasudava femminilità e determinazione, e per questo piaceva. Il vestito ebbe un’enorme risonanza anche per quello che rappresentava Diane, una principessa indipendente e glamour, che tutti volevano essere.
Due volte famosa
Dopo lo straordinario successo avuto negli anni Settanta, il brand di Diane decadde negli Ottanta per essere rilanciato solo nei Novanta attraverso il canale di televendite americano Qvc. Ad inizio Duemila i suoi vestiti tornarono di moda grazie alle ragazze che si vestivano con gli abiti delle mamme o li recuperavano nei mercatini dell’usato. Fu una rinascita per il suo brand a livello internazionale che la portò a stabilirsi nel famigerato Meatpacking District di New York, ex area di lavorazione della carne allora malfamata, che adesso è un quartiere commerciale della moda statunitense.
Dal 2010 la stilista organizza ogni anno i DVF Awards per premiare le donne che si sono distinte in leadership, forza e coraggio nell’impegno per le loro cause. Diane è anche nel consiglio direttivo di The Vital Voices, organizzazione che lavora per i diritti delle donne.





