La protagonista è una donna bambina che si ribella alla sua condizione
Bella Baxter (Emma Stone) ha il cervello del suo bambino non nato trapiantato nel cranio. Così è rianimata in vita dopo essersi buttata dal ponte Tower Bridge di Londra. Ha atteggiamenti infantili ed è scoordinata all’inizio perché la sua mente si deve ancora sviluppare. È il frutto dell’esperimento di un genio-chirurgo pazzo, Godwin Baxter (Willem Dafoe), che la raccoglie ancora intatta dal Tamigi e la porta nel suo laboratorio. Bella sa solo che è orfana dei genitori, vecchi amici dello scienziato morti in un incidente.
Appena diventa adolescente prova le prime pulsioni sessuali, vuole uscire e vedere il mondo. Non mi era ancora capitato di vedere in un film mainstream vincitore di quattro premi Oscar la masturbazione. Bella fa versi di piacere, si masturba con una zucchina e invita la cameriera del dottor Godwin a fare altrettanto per “essere felice” perché lei ha scoperto la fonte della felicità e vuole condividerla con tutti. Ma impara presto che nella società “educata” queste cose non si fanno. Allora, alla prima occasione, scappa con l’avvocato Duncan Wedderburn (Mark Ruffalo), che ha stilato il contratto di matrimonio con l’assistente di Godwin, Max McCandles (Rami Youssef) che monitora le giornate di Bella.
Va in viaggio con Duncan a Lisbona, si imbarca su una nave e fa il giro del mondo mentre scopre le gioie del sesso, della danza e della cultura. Sulla nave, infatti, incontra un’anziana signora, Martha von Kurtzroc (Hannah Schygulla) e un ragazzo cinico, Harry Hustley (Jerrod Carmichael), che le mostrano il piacere della lettura e della discussione erudita. Bella è molto diretta ed emotiva, indole che Duncan vorrebbe correggere di fronte agli altri perché, nonostante sia un avventuriero per sua stessa ammissione, si innamora di lei. Ma la ragazza mantiene ancora l’ingenuità di una bambina che non conosce il mondo e dona tutti i soldi dell’avvocato a due marinai dell’equipaggio della nave, convinta di fare del bene a dei poveri incontrati in Egitto.

Arrivata a Parigi con Duncan senza un soldo, Bella cerca un albergo con camere e si imbatte in un bordello. Va a letto col primo cliente suggeritole da Madame Swiney per trenta franchi, cosa che la diverte molto. Lo dice subito a Duncan che va fuori di testa e cerca di avere il controllo su di lei. Ma ormai la ragazza è padrona di se stessa, gli annuncia che non può essere suo marito e preferisce fare la sex worker. Nel bordello scopre il lato brutto e bello del sesso sia con uomini che donne – una sua collega e amica, Toinette (Suzy Bemba) le fa un cunnilingus – e le idee socialiste, che subito sostiene.
Torna a Londra richiamata da Max. Godwin sta morendo di tumore e lei corre al suo capezzale, dove scopre tutto sulla sua vera identità di Victoria. Dapprima sopraffatta dalla rabbia, cerca di placarla per non disturbare gli ultimi giorni del suo creatore e padre e decide di sposarsi con Max. Al suo matrimonio irrompono Duncan che nella sua follia vendicativa, completamente impazzito, ha chiamato il marito della vita precedente di Bella, il militare Alfie Blessington (Christopher Abbott), per metterla al guinzaglio. Se lui non la può avere, allora preferisce stia col suo ex consorte.

La donna decide di seguire Alfie ma una volta nella sua magione capisce in fretta perché si era suicidata. L’ex marito è un uomo violento che minaccia con una pistola i suoi stessi domestici. Di fronte alle sue resistenze, decide addirittura di volerle togliere vulva e utero, visto che le influenzano la mente. Bella riesce a scappare sparandogli su un piede, lo trascina con l’aiuto di Max nel laboratorio di Godwin e gli trapianta il cervello di una capra. McCandles e lei finalmente si sposano e Bella decide di diventare chirurgo in una famiglia allargata.
Il libro di Alasdair Gray, ispirato a Frankestein di Mary Schelley, è un pastiche vittoriano molto intrigante che mi sembra una chiara metafora della condizione femminile di quell’epoca. Una donna troppo pensante è una donna pericolosa. La classe vittoriana era strutturata in modo tale da far sembrare le femmine eterne bambine: innocenti sessualmente, dipendenti sul piano finanziario e, in generale, impotenti. Il desiderio di prolungare l’infanzia femminile è spesso collegata ai bisogni sessuali e mentali dell’uomo adulto che la sposa. In Povere Creature Bella sfida le convenzioni e riscatta la sua posizione in una parabola femminista che sarebbe stata quasi impossibile all’epoca, salvo rare eccezioni. La storia è più attuale di ciò che sembri, dato che la donna-bambina è un problema che torna a più riprese nel Ventesimo e Ventunesimo secolo, quando le donne sono trattate come persone col cervello di un bambino.



