Costumi da mare sexy: osare in spiaggia è ormai la regola

Quando il bikini apparve per la prima volta lungo il bordo piscina dei bagni Molitor di Parigi l’effetto fu talmente esplosivo che nessuno voleva indossarlo perché troppo scandaloso. Tutte le modelle si erano rifiutate di metterselo e solo una danzatrice nuda del Casino de Paris, Micheline Bernardini, accettò di mettersi i due pezzi di stoffa creati da Louis Réard per sfilare sul bordo piscina. Per non parlare del costume intero che adesso ci pare casto e semplice ma ad inizio ottocento costò l’arresto alla nuotatrice Annette Kellerman per aver sfoggiato un costume intero con maniche corte e calze nere sulla spiaggia di Boston perché aveva mostrato braccia, gambe e collo. E ancora, a fine anni Cinquanta e Sessanta in Italia e nel resto del mondo, quando le donne decisero di mettersi in massa il bikini su imitazione delle star del cinema, la polizia controllava gli orli della mutandine del costume perché venissero rispettati i limiti della decenza in spiaggia. Adesso sulla sabbia è possibile quasi tutto, dipende dal Paese di appartenenza o di residenza di una persona. In Italia il topless è legale se non accompagnato da atti osceni in luogo pubblico o non usato per provocare desideri sessuali. Se si è completamente nudi, è preferibile prendere il sole su una spiaggia nudista per non incorrere in salatissime multe (da 5.000 euro a 30.000 euro). La tendenza dei costumi sexy che si è diffusa in questi ultimi anni aggira le regole mostrando corpi erotici quasi pornografici con vedo non vedo, microbikini, reggiseni underboob (sottotetta), brasiliane e tanga. La maggior parte di coloro che si riconoscono come donne li considera belli ma scomodi. Quelli a fascia possono scoprire un capezzolo se si ha un seno più piccolo dell’altro o un seno abbondante; la brasiliana o il tanga possono infilarsi troppo nel sedere dando fastidio. La pecca è che la maggior parte delle volte questi bikini ci vengono presentati su modelle toniche, scolpite, molto piene su seno e fianchi. Alcuni giornali americani hanno fotografato donne normali con i costumi sexy più in voga del momento per far notare quanto siano diversi i corpi delle persone. La loro conclusione è che questi indumenti da mare sono sexy e stanno bene solo su certi tipi di corpi, che in genere sono magri o palestrati o sottoposti a chirurgia plastica. Ma dove è nata questa tendenza?

Micheline Bernardini, 1946

L’avvento del Bikini è stata una rivoluzione atomica. Come ho detto all’inizio, il bikini di per sé è un costume scandaloso perché rivela le forme delle persone. È stata una rivoluzione col botto dettata però, come al solito, dall’esigenza dell’industria. I costumi succinti iniziarono a far capolino negli anni Venti, ancora fatti di lana e maglia, più corti e con un modesto scollo sul collo. La braghetta a mezza coscia con canottiera era portata da uomini e donne. La prima rivoluzione avviene negli anni Trenta quando alla lana viene sostituita la gomma, più elastica, leggera e modellante, e i costumi interi iniziano a mostrare scollature più audaci su petto e schiena. Mabs of Hollywood fu la prima azienda ad impiegare il lastex, materiale elastico di satin e seta, ed ebbe la fortuna di essere indossata da Marlene Dietrich, Joan Crawford, Jean Harlow, Loretta Young, Bette Davis, Bette Grable. Poi venne la Seconda Guerra Mondiale e i governi ordinarono il razionamento del 10% dell’uso del tessuto nei costumi. Il loro accorciamento avvenne per esigenze pratiche d’industria. Il costume da bagno mostrava lo stomaco ma non il famigerato ombelico. Nel giugno del 1946, ancora con i razionamenti bellici in vigore, Jacques Heim ripropose (era stato creato nel 1932) in Francia il primo modello di bikini, Atome, dalla scoperta recente dell’atomo. Assoldò degli skywriter per far passare questa scritta pubblicitaria sulle spiagge: il costume da bagno più piccolo del mondo. A luglio dello stesso anno, l’ingegnere meccanico e proprietario di un negozio di lingerie, Louis Réard propose il suo modello Bikini, dal nome dell’atollo del Pacifico dove gli americani facevano i test sulla bomba atomica, e scoprì l’ombelico con gran rosicare di Heim. L’idea gli venne dal fatto che le donne in spiaggia si accorciavano sempre i costumi per prendere una tintarella più omogenea. Anche lui si avvalse di skywriter per definire il suo bikini “più piccolo del più piccolo costume da bagno”. Il modello di Réard fu quello vincente.

Rimini, 1957

Censura. Puntuale come un orologio, il bikini fu bandito dal 1947 in poi da spiagge americane, francesi, italiane, spagnole, portoghesi e australiane. Il Vaticano lo dichiarò peccaminoso ed Hollywood permise solo bikini che coprivano l’ombelico. Tuttavia, le star lo indossarono fuori dal set e per foto da pin-up: Lana Turner, Rita Hayworth, Ava Gardner, Betty Grable, Tina Louise, Elizabeth Taylor, Marilyn Monroe, Esther Williams. Ancora nel 1965 Annette Funicello in Beach Blanket Bingo fu obbligata ad indossare un bikini che nascondeva l’ombelico per mantenere l’immagine della ragazza della porta accanto. Non tutte le star però erano audaci. Negli anni Settanta Farrah Fawcett scelse un costume intero rosso che aveva nell’armadio per un poster di Charlie’s Angels perché non si trovava a proprio agio con i bikini provocanti dell’epoca: vendette comunque dodici milioni di copie. In Italia negli anni Cinquanta il bikini era proibito e se si trasgrediva, si veniva multati. Successivamente, sulle nostre spiagge avrebbe fatto capolino la polizia della buoncostume che prendeva le misure sulla lunghezza della mutanda del bikini per controllare se rientrasse nei centimetri previsti dalla legge. Una delle proibizioni più assurde dell’epoca moderna è il bikini “vietato da indossare ai brutti” fuori dagli arenili a Diano Marina negli anni Novanta. Secondo questo divieto le donne dovevano avere misure giuste assurde per mostrarsi in spiaggia: 90-60-90. Ancora oggi è vietato girare in bikini per i centri urbani e marittimi. Dagli anni Sessanta in poi il bikini inizia ad essere tollerato negli stabilimenti balneari. Quando andate al mare, state attenti alla tipologia di spiaggia e al Paese in cui vi trovate.

Brigitte Bardot,1959. Notate l’underwire?

Costumi più rilassati e il monokini. Negli anni Cinquanta il tessuto del bikini subisce un’ulteriore evoluzione: il nylon, più malleabile della gomma. Negli anni Sessanta, nonostante le restrizioni, i bikini erano ovunque. Nel 1959 rimane impressa la visione di Elizabeth Taylor in un costume intero scollato in Improvvisamente l’estate scorsa (quasi un antenato del trikini). Nel 1960 uscì la canzone Itsy Bitsy Teenie Weenie Yellow Polkadot Bikini di Brian Hyland e Hollywood accettò il bikini in tutto il suo splendore su Joan Black in Blue Hawaii con Elvis Presley e Ursula Andress in Dr. No, entrambi film del 1961. Nel 1962 Brigitte Bardot fece scandalo in Vita Privata con il suo ballo liberatorio e in una scena indossa il primo underwire o v-bar (sottoferretto a V del reggiseno) bikini della storia di colore bianco. Nel 1964 Rudi Genreich inventò il monokini, un pezzo intero da inguine fino all’addome sostenuto da due lacci centrali dal petto fino al girocollo che lasciava completamente scoperti i seni. Era nato il primo costume topless che doveva essere solo un simbolo di protesta contro una società repressiva in un servizio futuristico del magazine Look e non essere prodotto commercialmente. Quando però fu mostrato su Women’s Wear Daily suscitò una tale sensazione che Gernreich dovette produrlo per l’enorme numero di richieste ricevute. Ne vendette 3.000 e fu indossato solo da due persone pubblicamente, per quanto ne sappiamo: Carol Doda in un nightclub di San Francisco e da Tony Lee Shelley su una spiaggia di Chicago dove fu arrestata. Non stupisce che le modelle scelte per lo shooting di Look si erano rifiutate di indossarlo e Rudi dovette ripiegare su una sex worker locale. Successivamente sarà indossato dalla modella Peggy Moffitt, che aveva acconsentito solo perché le foto gliele scattava suo marito. Se pensate che i capezzoli ora siano un problema sui social, all’epoca lo erano per alcuni giornali americani come Life che volle che la modella si coprisse il seno con le braccia (poi farà un intero servizio senza censure). Il monokini era un pezzo politico per liberare la donna dalle maglie della società e dissipare il tabù del corpo femminile nudo. Il mondo si mobilitò talmente contro il monokini che fece solo le apparizioni nominate sopra. Nel 1985 Rudi ci riprovò con l’invenzione del pubikini, una mutandina che lascia scoperto il monte pubico. Oggi ritroviamo un simile design nei costumi sexy di alcune marche e sex shop e sulle spiagge in cui è permesso mettersi quello che si pare.

Monokini, 1964

Verso un abbigliamento da mare più sensuale. Una base per i contemporanei costumi rischiosi fu gettata da Raquel Welch in Un Milione di Anni del 1966: una fascia della coppa del suo reggiseno continuava sul suo addome e inguine collegandosi al suo gonnellino. Nel 1967 fece la sua prima apparizione il trikini, un bikini unito alla mutanda da una fascia centrale (la sua forma può variare), che è ritornato nel Duemila. In Italia fu indossato dalle concorrenti di Miss Italia durante l’edizione del 1969. Dopo la liberazione sessuale i bikini divennero più temerari. In Brasile nel 1974 furono introdotti pezzi con l’orlo della mutandina più bassa sui fianchi. Nel 1979 il costume intero color sabbia dorato di Bo Derek in 10 diventò famoso perché era molto scollato davanti e sui fianchi sotto le ascelle, dimostrando che anche questo tipo poteva essere sexy. Nel 1980 le mutandine divennero sempre più sgambate e ci fu un primo revival della mutandona indossata da Micheline Bernardini nel 1946 in versione più ridotta. Compaiono stampe animalier ed effetti metallici. Questo trend però non ha niente a che vedere col bikini rosso rubino di Linda Barrett (Phoebe Cates) che fece scalpitare peni e vagine nel film cult Fuori di Testa del 1982. Il fratello della sua amica Stacy, Brad (Judge Reinhold), la vede in costume nella sua piscina ed entra nel bagno di casa per masturbarsi: nella sua fantasia Linda corre verso di lui ad abbracciarlo aprendosi il reggiseno del bikini davanti rivelando il suo seno nudo. Il pensiero dei capezzoli della ragazza al contatto col suo petto scatena l’eccitazione di Brad che sul più bello viene scoperto da Linda che apre la porta del bagno. Peccato che la moda non abbia preso esempio dalla genialata di Cameron Crowe anche se oggi ci sta andando molto vicino.

Phoebe Cates in Fuori di Testa (1981)

Negli anni novanta arriva il tankini, inventato probabilmente dalla stilista di abbigliamento da mare Anne Cole, in pratica canotta o top lungo più mutanda con stili differenti e moderni. Il costume intero subisce una nuova popolarità grazie alla Speedo che ne rinnova il design e a Baywatch che si era ispirato a quelli rossi delle bagnine del California del Sud. Ad ogni stagione il costume si rinnovava con delle modifiche. Pamela Anderson era la bellezza indiscussa dello show. Nel 2017 nel film di Baywatch sono state aggiunte pure delle chiusure zip dorate davanti a costumi interi, tankini e bikini. Nel 2010 finalmente i designer iniziano a fare bikini con in mente tutti i tipi di corpo, ciò significa che anche nei costumi sexy si parla di body inclusivity. Ci sono anche brand per transgender donna MtoF (Male to Female) e transgender uomo FtoM (Female to Male) come Danae TransMissie per bambinә e adultә o Rubies che è solo per ragazze transgender del canadese Jamie Alexander. Ci sono anche brand gender free e LGBTQI+ : Beefcakes Swimwear, Outplay, Rebirth Garments, Tomboy X.

Kourtney Kardashian in Upside Down Bikini, 2021

Love Island, Kardashian e Too Hot to Handle. I costumi oggi guardano molto alla lingerie e al porno. Il BDSM e il Burlesque tornati di moda ormai da più di dieci anni hanno di sicuro influenzato i design di costumi interi, bikini e trikini. Reality di dating e relazioni per giovani come lo storico Love Island e il recente Too Hot to Handle hanno contribuito a diffondere la moda di costumi che lasciano poco alla fantasia assieme alle sorelle Kardashian e Jenner, anche loro protagoniste di un reality show sulla loro vita conclusosi quest’anno (Keeping Up with the Kardashians). In Love Island e Too Hot to Handle gli indumenti da mare diventano “abiti” per la conquista ed iniziano a suddividersi in “da giorno” e “da sera”. Una vetrina della mercanzia in esposizione a cui non partecipano gli uomini che al massimo indossano uno slip da bagno attillato che fa vedere il corpo muscoloso. In questi show non tutti i tipi di corpo sono ammessi e ciò favorisce disagio e discriminazione: vanno bene le persone magre con un minimo di tonicità, quelle formose e muscolose, le altre sono out.

Love Island, 2021, foto: grazia.uk

I costumi hanno tagli ammiccanti e vertiginosi ovunque. I preferiti sono l’underboob (sottotetta, definita la nuova scollatura) , l’underwire e le mutandine supersgambate che scoprono il sedere dietro. Una concorrente della prima edizione di Too Hot to Handle, Francesca Farago, ha fondato l’anno scorso un brand vegano body positive di costumi supersensuali che indossava durante lo show. La moda dell’upside down bikini è stata lanciata quest’anno da Kendall Jenner che ha indossato il modello Xena Baroque di Sommer Swim, marca che si sarebbe inventata questo nuovo trend del top del bikini messo sotto sopra (upside down) e che ha spopolato questa estate. Kim Kardashian ha invece reso famoso il costume intero bianco underboob ritagliato su stomaco e pancia. Kylie Jenner sta lanciando il suo nuovo brand Kylie Swim fatto di costumi rischiosi veramente porno. Sta tornando anche la mutandona-bavaglino degli anni Quaranta, uno stile che però non piace alla maggior parte delle persone. Nei miei sondaggi Instagram i followers hanno risposto che la parte che gli piace di più tenere scoperta è il sedere. Tra i pezzi di sopra del bikini sono preferiti l’underboob, l’underwire, l’upside down, il monospalla peekaboo (cucù, un buco che fa vedere il solco tra i due seni), il cut-out bandeau (top a fascia tagliato in mezzo), costume intero underboob aperto su stomaco e pancia, mutanda alta con lacci laterali e brasiliana.

Cast di Too Hot to Handle 2

Brand di costumi sexy italiani. Mi sono molto divertita a stilare una selezione di brand dove potete trovare sia costumi sexy che porno. Pin-Up Stars sforna i bikini e costumi interi più competitivi a livello di stampe e ricami gioiello con una certa vibe californiana. Su Mirtylla ci sono mini bikini, micro bikini (anche se in questo caso la differenza è nel tanga e non nel pezzo di sopra) e interi dal design super audace ed osé. Sundalia, brand sardo, produce costumi sinuosi ed eleganti dal design originale. Oséree, fondato da tre ragazze milanesi, porta la sensualità della lingerie in spiaggia, degna di nota è la collezione in lurex. Il fiorentino Maison Roèl della fashion blogger Eleonora Rocchini ha a cuore l’indipendenza delle donne assieme alla loro sexitudine. Sarebbero molto apprezzati da Kim Kardashian i costumi di La Revêche con velature sensuali, cinture di catene dorate in vita, intrecci peplo e scollature da abito da sera. Suahru, fondato da tre ragazze siciliane, scolpisce il corpo in quello di una superoina come WonderWoman. Matinée ha bikini underboob che scoprono lo scollo tra i due seni, underwire e molto altro a prezzi accessibili. Mermazing si impegna a creare costumi cool 100% sostenibili. Il romano-calabrese Bianca Bikinis realizza costumi ecofriendly alla moda per gli sport acquatici. L’italo-svedese Ack fa indumenti da mare “sexy ma non volgari”, secondo una delle sue fondatrici Rebecca Larsson, e si basa su un prodotto artigianale italiano attento all’etica del lavoro. Le creazioni di Chiara Penteriani e Giulia Marullo di Bikiamani trasformano il corpo in un soggetto che “vuole esprimersi in modo femminile”. Anjuna prende il nome da un villaggio indiano celebre tra gli hippie negli anni Sessanta, ha look floreali, tropicali ed ispirati all’Africa con degli stupendi kaftani. Miss Bikini è un brand italiano che guarda al Brasile nelle stampe e nei modelli. Mishmish è una nuova marca made in Italy dai motivi anni Novanta e Ottanta, colori fluo e bikini micro. Il marchio campano ecosostenibile VieL Collection ha il motto body positive: Every body is a Sirenetta body. Festa Foresta e Blondie with Love hanno un approccio simile e sono adatti a tuttә. Sempre in quest’ottica, sono interessanti i bikini di Alésia, brand pugliese, col pezzo sopra che sembra un coprispalle o un top a metà (modelli Charlotte e Kim). Chic la linearità del trikini Vendicari di Alyta. Il costume intero Amalfi Nude Coral di Aquaviva è particolare con le sue velature su bretelle e scollatura. Di Kibini segnalo la collezione Crochet, tecnica che va di nuovo di moda, e Velour21, un tessuto peloso simile al velluto.

Sundalia

Brand di costumi sexy esteri. Brand stranieri che fanno costumi sexy ce ne sono a bizzeffe. Io ho cercato di focalizzarmi sia su quelli cool che quelli un po’ più porno-rischiosi. Sommer Swimwear, reso noto da Kendall Jenner, ha non solo costumi upside-down ma una varia scelta di bikini sexy e ben fatti con lacci incrociati in vita e bandeau top. Frankies Bikinis ha costumi interi, tankini, bikini, trikini per tutti i gusti, dai colori e dalle fantasie vivaci. Wicked Weasel ha microbikini, microtanga, costumi trasparenti, gli shorts commander a rete che fanno vedere le mutandine sotto, e chi più ne ha più ne metta, uno dei brand top in questo settore. In Doll è stupenda la collezione Lace con bikini a triangolo bordati di pizzo e notevole la collezione di trikini che loro chiamano minikini, il crochet traforato ha delle belle trame. Sunbabe ha microbikini, una linea mesh (trasparente) di body e altro che è double face, sia lingerie che costume da mare, ha una sezione uomo di tutto rispetto con costumi interi, slip, tanga (anche trasparenti) e canotte. Beach Bunny Swimwear ha dei magnifici e supercolorati bikini anche questi ispirati alla biancheria intima con pizzi, top con anelli dorati incastonati al centro, tutto con un certo gusto e contenuto moda. My Sexy Bikini si considera il primo creatore francese di costumi da donna audaci ed eleganti: non sono i miei preferiti ad eleganza, ma vi consiglio di dare comunque un’occhiata. Brinic Bikini si ispira ai costumi dei moderni video porno, quindi troverete un abbigliamento (in particolare uno a due fasce laterali che scende fino sul pube e una fascia sulla schiena fino all’insenatura del sedere, insomma il costume di Borat ma per donne), microbikini, costumi interi supersgambati o con zip centrale, e alcuni costumi normali. Christina Aurora ha bikini, costumi interi e tankini dal sapore americano: fantasie esotiche, animalier, a righe, a fiori, tie-dye, colori forti a tinta unita. Anne Cole ha moltissimi tankini, costumi interi e bikini dalle fantasie classiche o astratte, a volte vagamente retrò. Palm Swimwear è ecosostenibile e produce bikini su misura (il processo è artigianale) dalle stampe esotiche, moderne o retrò. Hunza G è un brand londinese ecosostenibile che ha rilanciato il vestito di Pretty Woman col top bianco e la gonna blu elettrico unite al centro da un anello disegnato originariamente da loro (c’è anche la versione costume ma bianca e nera), ha anche interessanti costumi in maglia. Asherah Swimwear nello stile ricorda molto Roberto Cavalli con stampe bold, ricche, dorate, su string bikini supersgambati. Riot Swim ha un design morbido, soffice, semplice ma sexy. Tropic of C ha costumi interi molto scollati e bikini bi-color. Onia ha linee pulite e sobrie, si ispira alla lingerie. Moeva è stiloso, raffinato ed innovativo nel design: tra i costumi interi particolari i modelli Lorie, Jackie, Mariel, Claire, Bridget, Vanessa, Johanna, Dolly, Kimberley, nei bikini Harper, Lola, Amara e Dylan. Un modello di Gonza è stato visto di recente sull’Instagram di Kendall Jenner, una caratteristica di questo marchio è abbinare guanti sopra il gomito della stessa fantasia ai bikini (non so quanto funzioni in spiaggia questa trovata ma è un’idea).

Sports Illustrated, 2016

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