Il fuoco ribelle di agit-porn, un blog dove potersi esprimere nella completa ed assoluta libertà del proprio essere

Claudia Ska è esuberante, energica ed esibizionista nel senso più positivo e gioioso del termine. Ha aperto a marzo 2019 il suo blog agit-porn occupandosi subito di pornografia, sesso, corpi, censura e società condito da riflessioni al vetriolo con una sana vena politica. Claudia, nata e cresciuta in Sardegna fino ai diciannove anni, è “un’agitatrice, nel senso di chi eccita e infiamma gli animi con idee o dottrine nuove, rivoluzionarie o comunque ricche di fermenti (Treccani)”. Il nome del blog è ispirato al manifesto di propaganda di Vladimir Majakovskij per agit-prop, l’acronimo con cui veniva chiamato il Dipartimento per l’agitazione e la propaganda dei Comitati centrali e territoriali del Partito Comunista dell’Unione Sovietica . L’obiettivo di Claudia è approfondire le sue conoscenze su sessualità ed autodeterminazione, confrontarsi ed inserirsi in una rete sociale di persone che vogliano contribuire a vario titolo a parlarne. Nel suo sito c’è posto per tutti quelli che desiderino raccontarsi in libertà, soprattutto nel nuovo spazio Open Space che cura assieme all’esperta d’arte Gea Di Bella.

Nel 2016 è uscito per Blonk il suo romanzo “Ma l’amore no“. L’idea è nata da una raccolta di racconti erotici scritta da Claudia, ai quali aveva assegnato a ciascuno una colonna sonora, come se fosse un album musicale. Lele Rozza, il direttore editoriale di Blonk, li lesse e propose a Claudia di scrivere un romanzo brand new. Lei si è buttata anima e corpo nella storia della protagonista Chiara, trentenne trasferitasi a Milano che vive una vita “in bilico tra l’estasi e la noia”, tra un lavoro amato ma economicamente precario e la sua vita affettiva travolgente fatta di incontri sessuali fugaci, passionali ed amori deludenti.

Come è nata l’idea di agit-porn?

Tra la fine del 2016 e gli inizi del 2017 mi sono confrontata con Francesca Ceccarelli (una grafica che apprezzo molto, che ha appena lanciato “Frisson”), che avevo appena conosciuto, e Marco Ragaini (sui social noto come @pochestorie), che invece conoscevo da qualche mese, coi quali abbiamo pensato di aprire un sito dove poter parlare di femminismo e sessualità, dando molto spazio alla parte visuale. Purtroppo per ragioni personali e lavorative di ciascun* l’idea si è arenata, ma non ho mai smesso di pensarci e così, seppure con molta calma, ho deciso di provarci da sola. Volevo uno spazio in cui poter parlare in modo libero e disinibito di erotismo e pornografia, e ancora di più di corpi. Mi interessa molto il legame tra corpo nudo e Società, che ho avuto modo di affrontare anche altrove, quando ho curato il quindicesimo numero di “Rivista di Scienze Sociali”. Diciamo che mi piace l’idea di contribuire a sdoganare i tabù, di normalizzare e far entrare nella narrazione pubblica sulla sessualità nel discorso quotidiano, a più livelli.

Cosa hanno in comune sessualità e politica?

Sono del parere che la sessualità sia una questione personale, ma diventi politica nel momento in cui la Cosa Pubblica decide di normarla con approccio giudicante e discriminante. Sono del parere che quello che viene fatto in un contesto di sessualità consapevole e consensuale sia da rispettare, anche se noi non lo faremmo mai. Mi riferisco per esempio a una serie di pratiche e perversioni che per delle persone sono ritenute pericolose e/o disgustose. Ciascun* parte da sé per capire e decidere cosa desidera fare nella propria intimità e della propria intimità; dire “questo sì, questo no” non sarebbe giusto. Ripeto e sottolineo che mi riferisco a contesti di rispetto, consensualità e consapevolezza. La politica dovrebbe fare un discorso pubblico sulla sessualità in termini di informazione, che preferisco all’educazione (mi piace pensare al sesso come all’ultima landa di libertà che ci resta), dando gli strumenti alle persone per conoscere e scegliere.

Claudia Ska

Perché è importante essere femministe oggi?

Come ho scritto qualche tempo fa in un mio post su Instagram, forse sono sempre stata femminista senza saperlo, ma ora che sto acquisendo consapevolezza sul movimento femminista a livello storico e contenutistico-progettuale, ritengo che ogni persona a cui sta a cuore l’autodeterminazione dovrebbe esserlo. Il femminismo si inscrive a pieno titolo fra i movimenti per i diritti umani, sociali e civili e parte proprio dalla condizione di subalternità e discriminazione in cui si trova la femmina a prescindere che sia bambina o donna. Preferisco dire trans-femminismo perché include anche le femmine non biologiche, nonostante ci sia una parte del movimento (il femminismo radicale, noto come rad-fem) che rifiuta le persone transessuali. Trovo che sia paradossale che un movimento filosofico che si propone di essere inclusivo e di combattere le discriminazioni si trovi a farne al proprio interno. Sono molto radicale anche io su alcune posizioni e mi fa molto arrabbiare che si definisca “femminismo radicale” un pensiero che è sessista radicale. Il mio femminismo è trans, intersezionale, favorevole al lavoro sessuale nel senso più ampio e sfaccettato del termine. Sono grata al femminismo perché cerca di liberare le persone dalle gabbie sociali e culturali che le relegano a dicotomie stringenti. Essere femminista oggi è faticoso come cinquant’anni fa perché adesso si pensa che le donne abbiano pari diritti e doveri, che tutto sia a posto e i discorsi femministi siano pretestuosi, che siamo le solite uterine, isteriche, che abbiamo “le nostre cose” anche quando non ce le abbiamo. A quelle persone dico di guardare oltre la punta del proprio naso e togliere il paraocchi per avere una visione complessiva. Dobbiamo ricordarci che c’è sempre qualcun* che sta peggio ed è per quella persona che dobbiamo sfruttare i privilegi che abbiamo.

Banana


Secondo te l’esibizionismo è un problema da combattere o una forza da sfruttare?

Da esibizionista non posso che difendere la causa! Le motivazioni per cui ci sono persone esibizioniste sono da ricercarsi nella vita e nel carattere di quelle specifiche persone ed in ogni caso non ci riguardano. I tentativi di indagare e psicanalizzare chi si mette in mostra secondo me sono totalmente inopportuni e fuorvianti. Conoscere le ragioni per cui una persona si mostra mi sembra davvero ininfluente. Credo che invece sia importante che questa possa mostrarsi in modo sicuro, tutelato, ossia che la sua decisione non venga strumentalizzata e che la sua persona non venga lesa. Non considero l’esibizionismo come un problema fintanto che non influisce negativamente su altre vite, cosa che mi pare piuttosto improbabile che possa accadere. Mi riferisco a un esibizionismo del corpo, non al voler essere costantemente sulla scena con atteggiamenti e discorsi volti al solo scopo di farsi notare no matter how and why. C’è un giudizio nelle mie parole, me ne rendo conto, faccio un distinguo. Credo che la seconda opzione sfoci nel presenzialismo. Penso che una persona consapevole che si mostra stia, mentre ci sono persone che semplicemente ci sono. Per me è una differenza sostanziale.

Parlaci della tua collaborazione con Gea Di Bella e dell’ambiente virtuale Open Space.

Nel progetto che avrebbe coinvolto Francesca e Marco, a cui ho accennato prima, la parte illustrata a cura di Francesca e quella fotografica a cura di Marco sarebbero dovute essere particolarmente sviluppate, mentre io mi sarei concentrata sui testi. Ho aperto agit-porn dopo aver rimandato per anni e dopo che Instagram ha cominciato ad eliminare dal mio account una serie di foto di nudo parziale o integrale che io stessa avevo preventivamente censurato, conoscendo la sua discutibile policy. Ero stufa che i corpi e le immagini erotiche fossero (siano tuttora e saranno sempre di più) cancellate a oltranza e senza un criterio uniforme. Volevo che corpi e sessualità fossero visibili sul mio sito, uno spazio-manifesto e così ho pensato alla sezione “Open Space” immaginandola come una galleria dove periodicamente possano esporre persone che hanno lavorato a progetti il cui focus siano corpi, erotismo e pornografia. Attualmente cerco le/gli ospiti a cui chiedere di esporre, ma in futuro non mi dispiacerebbe che fossero loro a proporsi. Con Gea stiamo valutando se aprire una call, vedremo. Instagram, nonostante tutto, mi ha permesso di conoscere molte persone e progetti interessanti (tra cui te, per altro!) e fra queste c’è Gea Di Bella, appunto. Mi ha colpito subito il suo entusiasmo e le ho proposto quasi a scatola chiusa di collaborare con agit-porn e di curare “Open Space” come se fosse una galleria vera e propria, fisica. Quindi mantiene i contatti con artist*, sceglie insieme a loro le opere da selezionare, si occupa della curatèla. Il tutto sotto la mia supervisione, che comunque è molto libera, primo perché abbiamo gusti affini, secondo perché ha una sensibilità artistica spiccata (e non solo!), e terzo perché così posso dedicarmi alla scrittura. Per me è anche un grande esercizio di delega. La singolarità di questa collaborazione con Gea è che non ci siamo ancora conosciute personalmente: lei vive in Sicilia e io in Lombardia, ma fantastichiamo un incontro!


Hai detto che il tuo libro “Ma l’amore no” ti ha salvata. Come mai ha deciso di scriverlo e per quale motivo ti ha salvata?

La verità è che io avrei voluto fare una raccolta di racconti erotici, ma il mio editor(e) Lele Rozza mi ha fatto una proposta più ambiziosa, ossia quella di cimentarmi con un romanzo. Salvo l’entusiasmo e la gratificazione iniziale, sono andata nel pallone, perché non avevo mai scritto altro che monologhi (per teatro e cabaret), racconti e poesie. Scrivere un romanzo richiede una tensione narrativa di più ampio respiro e una visione d’insieme che pensavo di non avere, eppure ce l’ho fatta. Questa è una mia ragione d’orgoglio e credo che mi abbia salvata da alcuni pregiudizi che avevo su me stessa, come per esempio il non essere in grado di scrivere una storia che andasse oltre le tre cartelle. Mi ha salvata dall’inerzia, dal dolore, dall’ignavia e mi ha immersa in un’altra realtà, che non è stata solo quella della narrazione, ma una realtà che non immaginavo potesse esistere e che avrei costruito personalmente. Mi sono salvata (parzialmente, va detto) dallo schema di me che avevo reiterato fino a quel momento. Ma l’amore no” è nato da Claudia però è andato oltre, mi è servito per spogliarmi, col grande rischio che l’espormi così tanto mi rendesse vulnerabile, ma forse era proprio quello che cercavo: esporre la vulnerabilità mia e dei personaggi che lo popolano.

Quanto c’è di autobiografico nella tua opera e perché consiglieresti di leggerla?
Di autobiografico c’è il tanto per considerarlo audace. Ne consiglio la lettura perché è un romanzo contemporaneo di formazione e cambiamento che cerca di parlare la lingua di chi legge. Si tratta di una storia di resa al dolore, di abbandono (nel senso che alcune persone ne lasciano altre, altre abbandonano sé stesse e altre ancora si lasciano andare). La protagonista, Chiara, fa un enorme lavoro su di sé e quello che si intuisce tra le righe, e che spero arrivi, è che quel lavoro non ha fine, è costante ed inesorabile. Bisogna leggere “Ma l’amore no” anche perché il sesso che ho raccontato è schietto, verace, quotidiano, buffo, passionale, travolgente, realistico e soprattutto è gioioso, senza sensi di colpa (tranne forse in un caso, ma anche quel dettaglio è sinonimo di realismo). Se vi piace l’arcobaleno, dovreste leggerlo!

Prossimi progetti per agit-porn?
La programmazione non è il mio forte, ahimè, ma oltre al sito, che si arricchirà di nuovi contenuti e collaborazioni, sto pensando di realizzare dei progetti al di fuori , nella vita in carne e ossa, e soprattutto di sfruttare al meglio ed al massimo le conoscenze che la rete mi ha permesso di fare. Ho tantissime idee affastellate. Nell’ultimo periodo ho preso una pausa dai social perché ho bisogno di ordinare le suddette idee per poterle mettere alla luce serenamente, ma temo che sarà un parto plurigemellare podalico in posizione ginecologica senza epidurale. Diciamo che il prossimo progetto per agit-porn è farlo diventare un luogo fa-vo-lo-so: sono ambiziosa ma resto umile!

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