La danza del ventre risveglia il serpente che è in voi

La danza del ventre, chiamata internazionalmente belly dance e raqs sharqi (danza orientale) nei paesi Mediorientali, è una disciplina ormai consolidata nelle palestre ed ogni anno le scuole su di essa spuntano come funghi. Tuttavia, pochi conoscono le sue origini ed i suoi benefici, in particolare nel campo del benessere sessuale. Questo perchè prevalgono pregiudizi su di essa legati ai suoi paesi di provienienza e al tipo di immaginario che suscita i suoi costumi. Soprattutto, non è considerata una danza a tutti gli effetti, in fondo cosa ci vuole a “scuotere il sedere”? Non è solo ignoranza, ma non saper distinguere i fianchi dai glutei.

La danza del ventre è un’evoluzione delle antiche danze pelviche della fertilità. Chi nega oggi che non abbia un contenuto erotico, non sa cosa sta ballando. I rituali della fertilità infatti terminavano spesso con l’accoppiamento, considerato un aspetto sacro perchè garantiva il continuo della specie. Il concetto di fecondità era strettamente legato alla terra, per questo le movenze rimandavano verso il basso e si formavano cerchi sia con il corpo che con le persone. Si credeva che i bambini nascessero dalla terra, provenissero da caverne, grotte, paludi e corsi d’acqua e che quando una donna passava per questi luoghi, lo spirito di un bimbo entrasse nel suo corpo. Il concetto che i poteri creatori della donna fossero estesi alla natura e che fosse capace di far crescere i semi, diede origine al culto della Dea Madre. Strano ma vero, il Medioriente è stato la culla di questa divinità, sono state infatti ritrovate statuette risalenti a 70.000 anni fa. La Ka’ba, la Pietra Nera della Mecca, era il simbolo della dea del deserto, Al-Uzza, venerata dallo stesso Maometto prima di distruggere i suoi simulacri. I suoi custodi attuali recano tracce della sua antica progenitura, chiamandosi “Beni Shaybah”, “figli della Vecchia Donna”. Vecchia è un attributo che si riferisce alla luna nella triade associata alle fasi della vita di una donna.

Un ballo bisogna sentirlo scorrere nelle vene, trovarci un’affinità spirituale per eseguirlo in modo espressivo. Non per nulla la parola “danza” deriva dal sanscrito “tanha”, “gioia di vivere”. Le danze primitive esprimevano i principi della vita e della morte e se ne trovano tracce in ogni parte del mondo perchè connesse ai riti religiosi che scandivano la vita quotidiana. Servivano per sfogare l’energia accumulata nel corso della giornata e rafforzare l’identità in un gruppo sociale. Molte di queste erano danze “estatiche”, ovvero attraverso dei movimenti ripetitivi, come ruotare in cerchio testa o corpo, si scivolava in uno stato di trance in cui si viaggiava fuori dall’essere fisico o si permetteva a un’entità di entrare nel proprio involucro di carne. Con l’avvento delle religioni monoteistiche, questi balli furono soppressi e sopravvissero nei secoli quasi esclusivamente sotto forma di intrattenimento.

La danza del ventre è un viaggio alla scoperta di se stessi e della propria sessualità, e la sua storia moderna inizia precisamente con un viaggio. Quello del popolo degli zingari, tribù che si spostarono nel V secolo d.C. dalle regioni del Rajasthan e del Punjab a nord dell’India fino in Egitto per sfuggire alle carestie e cercare lavoro. A prova di ciò, nei villaggi egiziani le danzatrici professioniste sono chiamate “ghawazee” (gauazi), “invasori, forestieri”. I Roma non si sono adeguati completamente alla cultura dei paesi ospitanti e hanno potuto conservare la credenza nello spirito della Madre Terra. La loro danza portava ancora con sè qualche frammento della rappresentazione mimica della nascita che rielaborarono in forma di spettacolo.

Un tempo, e nei paesi islamici purtroppo ancora oggi, la danza era malvista dalla regolare società perchè era praticata da emarginati e poveri, ma soprattutto acuiva i sensi e annullava le inibizioni. In una parola, faceva perdere il controllo di sè. Ma per lasciarci andare dobbiamo prima sapere chi siamo.

Quest’arte aiuta a conoscersi nel profondo. Attraverso la sua pratica comprendiamo i nostri punti di blocco ai quali dobbiamo spezzare i sigilli. Si danza scalze per eseguire correttamente i movimenti e connettersi con la terra. La respirazione è addominale per rilassarsi e non irrigidire la muscolatura. Ogni gesto di questa danza ruota attorno all’ombelico, i fianchi, il pube ed il seno tramite l’isolamento dei movimenti, anche se in realtà si azionano la maggior parte dei muscoli del corpo. In particolare si risveglia il psoas, un muscolo su entrambi i lati della colonna vertebrale, che si estende dalle vertebre toraciche a quelle lombari e le collega alle gambe. Ha una connessione diretta col cervello rettile, la parte interna più antica del tronco encefalico e del midollo spinale. Uno psoas rilassato esegue in maniera fluida una danza che può essere allo stesso tempo languida ed energica, rendendoci silenziose lucertole e scattanti serpenti a sonagli.

Non è un caso che la danza del ventre sia stata bandita da Il Cairo più volte nel corso della storia e che l’Islam abbia paragonato le sue danzatrici a delle prostitute trasformando “ibn raqissa”, figlio di danzatrice, in un insulto. Nei suoi movimenti, passi e gesti si azionano bacino, torace e seno seguendo linee sinuose ed ovali che richiamano l’utero.

Movimento a spirale. Di primaria importanza per lo spostamento da una movenza all’altra, la spirale è circolare, attrae e respinge forze, a seconda che sia in senso orario e antiorario. Si ottiene con il “cerchio” del torace. Per gli Egizi era simbolo della speranza di reincarnarsi, per Greci e Romani proteggeva dal male, nella cosmogonia rappresenta la luna e il divenire, nell’erotismo la vulva e la fecondità.

Movimento dell’omphalos. L’omphalos, “ombelico” in greco, è il centro misterioso attorno il quale si concentra questa danza. Nell’antichità il centro era l’inizio e la fine di tutte le cose. Per molti miti della creazione, l’universo si è originato da un ombelico. Gli omphalos erano delle pietre preistoriche a volte decorate da un serpente, che richiamava il cordone ombelicale, o da due serpenti come simbolo dell’unione tra i due sessi. L’ombelico è coinvolto anch’esso nella figura del cerchio, dell’8 dell’infinito, nelle ondulazioni di pancia e ventre.

Movimento del serpente. Braccia e mani ondeggiano come serpenti nell’acqua. Lo sguardo di una danzatrice è ipnotico come quello di una serpe. Lo scorrere, il girare, il sollevarsi ed abbassarsi dei fianchi imprimono una sensuale “S” sulla colonna vertebrale che si snoda come quella di un serpente. Questo animale è simbolo di vita e racchiude nell’Ouroburos (“serpente che mangia la coda”), l’emblema primordiale della creazione, sia il fallo maschile sia il grembo femminile. Perciò i serpenti si trovano su copricapi, bastoni, capelli e corpo di Dee e Dei.

La danza del ventre è una danza della fecondità con un intento di liberazione sessuale rivolto più verso la singola persona che l’accoppiamento. Chi la pratica scioglie le tensioni, rilascia le emozioni e risveglia l’energia latente sopita. Fa guadagnare in autostima e cammina eretto con le spalle aperte verso il mondo. Intossica, infine, lo spettatore come il veleno di un serpente sinuoso.

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